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martedì 5 luglio 2011

Tracce di mercato 2011 - Atto terzo: i giornalisti

Ingrato mestiere quello del giornalista specializzato in calcio mercato in questi periodi di mercato aperto, 24 ore su 24 proiettato alla sovraesposizione in un contrasto ingeneroso tra movimenti veri (pochi, perchè siamo all'inizio del mercato e perchè c'è una crisi di fronte alla quale tutti sembrano far finta di niente) e voci di fanta-mercato (tantissime).

Personalmente, dopo anni che seguo il calcio e cerco di capirne con attenzione e non con superficialità i meccanismi mi sorprende e direi mi suscita anche una notevole perplessità che certi giornalisti che operano in questo campo (non vi preoccupate...farò i nomi!) diano fiato troppo spesso più a opinioni che fatti, più a "sentito dire" che a valutazioni realistiche delle tante voci che si susseguono ormai di minuto in minuto.

Certo capisco che da un lato c'è la necessità di soddisfare la curiosità quasi morbosa dei tifosi, dall'altro c'è da districarsi con voci a volte messe in giro ad arte anche dagli addetti ai lavori (presidenti, dirigenti, procuratori) per orientare o turbare certi movimenti, dall'altro ancora ci sono mezzi di comunicazione che spingono sempre più al "real time" rendendo quindi davvero difficile a fronte di così tante voci in così poco tempo, orientarsi sulla credibilità o meno delle singole voci.

Ritengo però che uno sforzo maggiore andrebbe fatto, visto che, nonostante tutte queste difficoltà ci sono alcuni giornalisti, come ad esempio il da me già elogiato più volte Gianluca Di Marzio di Sky, che costruiscono la loro autorevolezza da un lato sull'attenzione ossessiva alla verifica puntuale della notizia e dall'altro ad una sempre maggiore attenzione ai criteri con cui le singole società possono operare sul mercato (budget a disposizione per le operazioni di acquisizione dei cartellini, budget a disposizione per gli ingaggi, fatturato della società, eventuali situazioni debitorie generali e di bilancio, strategie tecnico-tattiche, ingaggio percepito dal giocatore nella sua società di appartenenza, status di comunitario o extra-comunitario), tutti elementi che aiutano a comprendere se una certa operazione può essere credibile, fattibile oppure no.

Ad esempio proprio Di Marzio, già in passate sessioni di mercato, aveva espresso chiaramente le sue perplessità rispetto ad un possibile arrivo di Criscito a Napoli perchè già a Genova prendeva un ingaggio molto alto per gli standard dei difensori azzurri e, come spesso evidenzia Di Marzio, è molto raro che ad un trasferimento verso una nuova piazza non si accompagni un ritocco dell'ingaggio per quanto possa essere gradita la piazza di destinazione.

Quando si è fatto avanti lo Zenit con un ingaggio di oltre il doppio rispetto a quello offerto dal Napoli, ecco che molti di quelli che dovrebbero essere "esperti" di mercato e di società calcistiche (faccio qualche nome: De Maggio, Criscitiello, Pedullà, ma ne potrei citare molti altri che ascolto, ahimè vista la mia "malattia" per il Napoli, tutti i giorni e che talvolta offrono anche notizie e spunti di riflessione interessanti) se ne sono usciti con le solite critiche "avventate" che mi aspetterei da un tifoso della strada che ha il diritto di non avere le nozioni basilari di economia aziendale, non certo da chi segue da vero "esperto" (e giuro che lo dico col massimo rispetto e senza ironia, nel rispetto assoluto della fatica quotidiana di ciascuno dei giornalisti appena citati) l'andamento del mercato:
  • il Napoli dovrebbe alzare il tetto ingaggi!
  • il Napoli ogni tanto dovrebbe fare qualche eccezione se vuole accedere ai top players
  • il Napoli deve cambiare rotta sui diritti d'immagine!
  • adesso che siamo in Champions bisogna aprire di più i cordoni della borsa!
...e così via, con proclami che mi paiono la bella copia dell'ormai classico e becero "Presidè! Cacc 'e sord!" di quei tifosi che credono di vivere ancora nel calcio vecchio dei mecenati del novecento.

Ripeto: da un tifoso me lo aspetterei, ma sono sconfortanti certe uscite di giornalisti con anni di esperienza alle spalle, che nel fare informazione dovrebbero anche spiegare ai tifosi quali sono i parametri per cui un'operazione può essere realisticamente fattibile o no.

De Laurentiis lo ha ripetuto fino alla noia:
  • il Napoli deve diventare grande e deve vincere in Italia e in Europa
  • per diventare grande e vincere deve innanzitutto lavorare per aumentare il fatturato della società (diritti TV e nuovi canali, biglietti, merchandising, diffusione del marchio Napoli all'estero, ecc.)
  • gestione razionale delle spese (per le strutture e per le risorse umane)
  • di pari passo all'aumento del fatturato e ad una equilibrata gestione delle spese, si possono realizzare stabilmente nel tempo quegli utili che avvicinano il Napoli come fatturato ai grandi club italiani ed europei e che, con un pubblico di tifosi ancora più vasto dell'attuale, rendono il Napoli una squadra seguita sempre di più n Italia e nel mondo
  • in questo modo puoi investire di più in cartellini e ingaggi e, grazie anche al settore giovanile, creare un giusto mix (come oggi fa il Barca) tra campioni internazionali e giovani di talento costruiti in casa
  • inoltre, evitando di fare quelle eccezioni tanto richieste dagli "esperti", si evita l'effetto domino della crescita indiscriminata degli ingaggi, si mantiene il bilancio in equilibrio, si evita di dover accedere al credito (cioè alle banche) che negli ultimi anni, specie in Italia, hanno dominato (e oggi dominano ancor di più fino in certi casi a paralizzarla) la scena del calcio e dell'economia in generale (vedi Roma-Unicredit o, per spostarci all'estero, vedi il Lione, una delle grandi dell'Europa di oggi, che sta aspettando il placet di una banca per poter avere le risorse utili ad avviare il proprio mercato estivo)
Ecco: quando ascolti uno come Gianluca Di Marzio, non a caso da molti considerato il numero uno, che ragione su questi aspetti e ti fa capire perchè certe operazioni si possono fare e altre sono poco realistiche e realizzabili, ti sembra di crescere, di diventare un tifoso piu' maturo e consapevole.

Quando invece ascolti un De Maggio (senza offesa, Walter, ti seguo sempre con affetto anche quando vorrei venir lì e dirti "Ma che stai dicendo?"), ma anche un Criscitiello o un Pedullà, tutti rispettabilissimi perchè si spezzano le reni per la fatica, ti sembra di ascoltare dinamiche che appartengono ad un calcio che non esiste più, specie se riferito al Napoli: un calcio fatto di ingaggi miliardari, dove non si tiene conto di quanto si è speso e di quanto realisticamente si può spendere e dove la logica della buona gestione aziendale viene spesso fatta in polpette da distribuire in pasto all'affamato pubblico dei tifosi.

Giocatori con ingaggi fuori norma accostati disinvoltamente al Napoli, oppure la Juve che dovrebbe prendere non si sa come Sanchez o Aguero e pagare ingaggi multimiliardari tipo Real , Inter o Milan, pur avendo sul groppone oltre 30 giocatori molti dei quali acquistati a peso d'oro lo scorso anno e in realtà pagati solo quest'anno sborsando decine di milioni di euro.

Ho sentito con le mie orecchie (e più di una volta) discorsi privi di ogni logica relativi ad un possibile "sconto" che la Juve avrebbe potuto chiedere all'Udinese per l'acquisto di Inler perchè c'erano ancora in ballo i riscatti di Motta e Pepe, come se fosse l'Udinese a doverli acquistare e non la Juve! Come se io chiedessi uno sconto al salumiere per acquistare del buon prosciutto crudo perchè tanto sono già debitore verso di lui per il salame e il formaggio che ho acquistato la settimana prima! Ma voi lo conoscete un salumiere che ragiona così? Se sì, me lo presentate?

Altro esempio terra terra per comprendere l'oculatezza con cui De Laurentiis sta cercando di gestire il Napoli:  ogni mese, per fortuna, l'azienda per cui lavoro mi corrisponde un certo stipendio e, siccome detesto spendere più di quanto guadagno perchè non voglio avere debiti e voglio dormire tranquillo la notte, cerco di gestire le mie spese e i miei "investimenti" in modo tale da rimanere nel mio budget mensile, possibilmente mettendo anche da parte qualcosa da poter poi reinvestire in futuro o per spese straordinarie.

Ebbene questo mese l'azienda ci ha pagato anche un "premio di risultato" che equivale a circa il triplo dello stipendio normale, un po' come il premio che il Napoli ha ottenuto per essersi qualificato in Champions.

Ora: non è che perchè ho avuto questo premio, mi sono precipitato presso la prima agenzia immobiliare per acquistare una casa e fare un mutuo perchè so che con le spese che ho attualmente e con lo stipendio normale che guadagno attualmente non potrei permettermi una cosa del genere: insomma...non tutti i mesi l'azienda mi paga il premio di risultato e magari (speriamo di no!!!) la mia azienda potrebbe anche decidere che, data la crisi, non si può più permettere di pagare a tutti i dipendenti questo premio...

Il mio stipendio (il mio "fatturato"), almeno finchè resterà questo (per carità, sempre benedetto!) mi permetterà di fare ALCUNE cose, ALCUNE spese, ma certo non posso permettermi di spendere quanto spende un manager della mia azienda che ogni mese guadagna tre, quattro o dieci volte più di me: se voglio concedermi quello che si concede lui, devo cercare di darmi da fare per guadagnare quanto guadagna lui, no? Si capisce?

Perchè allora ci dobbiamo sentir riempire la testa di chiacchiere prive di senso come se il Napoli guadagnasse fatturati come quelli di Milan, Inter, Real, Barca o Manchester (City o United a vostra scelta)?

A me certi discorsi sembrano un'offesa all'intelligenza e al buon senso dei tifosi e segno di una mentalità "novecentesca" del calcio ormai finita: il calcio è cresciuto nel novecento per la passione popolare e per alcune figure di piccoli e grandi mecenati (Angelo Moratti per la grande Inter degli anni 60, gli Agnelli per la Juve, lo stesso Lauro per il Napoli e, in tempi più recenti, Abramovic per il Chelsea, Berlusconi per il Milan, Massimo Moratti ancora per l'Inter) che hanno profuso risorse nel calcio per passione e per tornaconto e prestigio personale.

Ma nel novecento le società di calcio erano associazioni senza scopo di lucro e che quindi se guadagnavano erano obbligate a reinvestire i guadagni nella società e pertanto questo meccanismo invogliava di fatto a non seguire rigide regole di economia aziendale.

Oggi le società sportive sono aziende, talune delle quali persino quotate in Borsa, che devono quindi ispirarsi a regole di gestione imprenditoriale le cui infrazioni sono sempre più penalizzate sia dal mercato (specie in una profonda crisi come quella attuale) sia dall'ordinamento sportivo interno (penalizzazioni di classifica) e internazionale (Fair Play finanziario).

Non a caso De Laurentiis sogna di convincere il retrivo mondo del calcio a inventare sempre nuovi modi per aumentare canali e occasioni di vendita del "prodotto calcio" (non solo il Napoli, ma tutto il calcio italiano ed europeo), avendo in mente le stesse logiche con cui sta facendo crescere il Napoli: ampliare gli orizzonti, vendere un prodotto sempre più appetibile in modalità sempre più originali, accrescere i fatturati e quindi poter spendere senza andare tutti "a carte quarantotto"!

Che un tifoso possa non capirle certe cose, lo posso anche tollerare, seppure con un piccolo sforzo...ma che giornalisti di chiara fama e, quel che è più grave, gli stessi dirigenti del calcio, ancora agiscano e parlino con la mentalità calcistica del novecento, oggi che siamo nel 2011 mi appare perlomeno inquietante...

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