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giovedì 31 marzo 2011

Scudetto? Le pressioni contano...

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Avendo da poco superato la soglia dei 40 anni, anche se non ho mai giocato a pallone ad alti livelli, ho vissuto da tifoso, direttamente o indirettamente, alcune stagioni in cui il Napoli si è trovato nelle primissime posizioni di classifica a giocarsi inaspettate chances di scudetto.

Mi hanno ad esempio raccontato la cavalcato degli azzurri di Vinicio nel lontano 74-75: dopo aver perso per 2 a 6 contro la Juve al San Paolo nel mese di dicembre dopo un faticoso turno di Uefa, gli azzurri non mollarono e, sciorinando gioco spettacolare e risultati eccezionali, rimasero nella scia della Juve, arrivando allo scontro al Comunale di Torino con soli due punti di ritardo. L'ex Altafini (core 'ngrato!) siglo il gol del 2 a 1 decisivo che spinse gli azzurri a 4 punti dalla Juve. Gli azzurri comunque non mollarono e chiusero il torneo a soli due punti dalla Juve.

Ci vollero ben 6 stagioni per rivivere emozioni tanto forti: l'80-81 me lo ricordo bene...ce lo ricordiamo tutti e non solo per motivi calcistici...

...si cominciò la stagione con le ripercussioni dello scandalo scommesse: Milan e Lazio in serie B, Avellino, Bologna e Perugia penalizzate di ben 5 punti (che nei campionati a 16 squadre, con 30 partite e due punti a vittoria rappresentavano un handicap pesantissimo!)...

...fu un anno storico: dopo un decennio di frontiere chiuse, riapparvero gli stranieri nel nostro campionato...uno per squadra, da campioni celebrati e carichi di gloria come Krol, nel Napoli, o Brady nella Juve, al "Re di Roma" Falcao all'austriaco Prohaska, sbarcato all'Inter fino a autentici sconosciuti (l'avellinese Juary) o autentici "bidoni"...

...fu l'anno del terremoto che sconvolse l'Irpinia e la Basilicata e toccò pesantemente anche Napoli...una stagione drammatica, iniziata in sordina, ma andata crescendo e diventata via via sempre più incredibile e appassionante, fino ad arrivare in primavera, a 5 giornate dalla fine, alla venticinquesima, con Juventus, Roma e Napoli allineate tutte in testa a 35 punti! Incredibile, ricordo persino dove mi trovavo quando il leggendario Bortoluzzi, a Tutto il Calcio Minuto per Minuto, lesse quella per me incredibile classifica.

Quel Napoli non era partito certo con ambizioni di scudetto, ma Marchesi, come oggi Mazzarri, dopo un inizio balbettante dovuto all'ambientamento di Krol, cominciò a tirar fuori il meglio da quei ragazzi, a cominciare da quell'indimenticabile 4 a 0 di inizio ottobre alla Roma che rappresentò il primo squillo, forse la svolta di quella stagione e dette fiducia a tutto l'ambiente.

In porta c'era il giaguaro, Castellini, l'unico, assieme a Krol, con una certa esperienza ad altissimi livelli. In difesa campeggiavano già Ferrario e Bruscolotti, il nucleo del Napoli che qualche anno dopo sarebbe diventato Campione d'Italia e, sulla sinistra, un giovanissimo di grande talento, il ventenne Luciano Marangon, una delle rivelazioni di quel Napoli e di quel campionato. A centrocampo più corsa che talento, con Guidetti e Vinazzani, ma sulla tre quarti un giovanissimo che esplose proprio quell'anno, Gaetano Musella e un vecchio marpione come "Flipper" Damiani che sul lato destro spesso faceva la differenza. In attacco un onesto e veloce attaccante come Claudio Pellegrini che mai come quell'anno sfruttò spesso i lanci lunghissimi di Krol, segnando 11 delle 31 reti azzurre.

Un attacco che segnava pochino, una rete di media a partita, molto meno delle 43 reti della Roma o delle 46 della Juve, ma che vantava una buona difesa (21 reti subite) anche se ben lontana dall'eccezionale difesa juventina degli Zoff, degli Scirea, dei Gentile e dei Cabrini (solo 15 reti subite in 30 partite).

Quel Napoli, appena assaporò la vetta, ebbe l'occasione di allungare il passo, ospitando di fronte al pubblico più numeroso di tutti i tempi a Napoli un Perugia ormai fiaccato dalla penalizzazione e retrocesso: grande entusiasmo, grandi sogni, grandi speranze, fibrillazione, grande pressione...palla al centro, un minuto di gioco...autogol incredibile di Ferrario...89 minuti di assalti all'arma bianca, 0 a 1...la Juve vince, la Roma pareggia e poi...e poi la Juve rivince...poi pareggia in casa con la Roma (gol annullato a Turone, primo "scandalo arbitrale televisivo"), passa anche a Napoli, penultima giornata e ultima speranza per gli azzurri di riaprire i giochi.

Ecco, il campionato di quest'anno mi sembra a metà tra quei campionati in cui il Napoli è stato protagonista del tutto inatteso e certo non nato per vincere e quei campionati dove il Napoli partiva per vincere.

Dico a metà perchè da un lato c'è una squadra che certamente non è nata con l'ambizione e la struttura tecnica per vincere uno scudetto (e quindi, come il Napoli del 75 o quello dell'81) si sta spingendo ai suoi limiti più inesplorati, ma è anche un po' un Napoli "grande" perchè annovera grandi giocatori e perchè è stato costruito nel tempo, come lo è stato quel Napoli delle grandi vittorie e come lo sono state altre grandi vincitrici come la Juve dei primi anni 80, costruita pazientemente lungo ben 10 anni di pazienti e graduali innesti a partire dalla prima metà degli anni 70.

Questo campionato mi ricorda molto il campionato dell'anno precedente al primo scudetto, quello dell'85-86, dove il Napoli, a lungo, stazionò al secondo posto alle spalle della irraggiungibile Juve di Platini per tanti mesi, superata soltanto in tarda primavera da quella Roma di Ericsson che poi fallì di un soffio lo storico sorpasso alla Juve perdendo in casa col Lecce già retrocesso al termine di una incredibile e lunghissima rimonta.

Ho pensato molto a queste comunque felici stagioni, riflettendo su quanto sarà difficile e quanto sarà un eccezionale successo riuscire a mantenere l'attuale terzo posto che, per il Napoli attuale, equivarrebbe senza alcun dubbio, ad uno scudetto.

Certo poi ti vengono anche in mente i ragazzi del Verona di Bagnoli che, fregandosene di pronostici e di nomi non eccelsi, andarono avanti per la loro strada e alla fine realizzarono un'impresa incredibile ma, anche in quel caso, non del tutto casuale, frutto anche quella, di una crescita iniziata nelle stagioni precedenti e completata dall'innesto di giocatori magari non fuoriclasse, ma di grande livello internazionale come il tedesco Briegel e il danese Elkjaer, perfettamente funzionali al disegno tattico di Bagnoli.

Dunque ci sono precedenti belli e meno belli da tenere in mente, sperando comunque che questi ragazzi ci regalino emozioni, vittorie, ma soprattutto, in linea con la voglia inculcata loro da Mazzarri, prestazioni che onorino la maglia azzurra come quasi sempre il Pocho e compagni hanno fatto in questa finora eccezionale stagione.

Il Napoli ha sfatato tantissimi tabù, ma, nel contempo, se ne è creati di nuovi: uno di questi, che sarebbe ora di infrangere, è quello di non esser mai riuscito a vincere uno scontro diretto con le tre squadre che lo precedono e con la Lazio che lo segue: se vogliamo quantomeno coltivare il "sogno-Champions" sarebbe ora che anche questo tabù venisse infranto, a cominciare da domenica.

Inoltre gli azzurri sono chiamati ad una ulteriore prova di maturità a fronte di una flessione che lo scorso anno ne pregiudicò i sogni, proprio in questo periodo e proprio in casa, contro Parma e Fiorentina: Lazio e Udinese serviranno anche a dare una ulteriore misura in questo senso dei progressi azzurri rispetto allo scorso anno. Tenere botta in queste due partite e non calare la concentrazione a Bologna (dove lo scorso anno gli azzurri hanno perso e dove quest'anno i ragazzi di Malesani hanno sciorinato prestazioni straordinarie!) rappresenta un punto di passaggio decisivo per dare poi un senso ben preciso alle ultime 5 giornate (continuare a sognare per il primo posto, consolidare il terzo, oppure accontentarsi del quarto).

Non ci illudano il morale basso dei biancocelesti e le pesanti assenze di Radu, Ledesma e Matuzalem! Reja è capace, a maggior ragione contro il Napoli, come ha già dimostrato all'andata, di poter creare trappole tattiche insidiosissime! Il Milan è rimasto invischiato, come in una enorme carta moschicida, nel "non-gioco" laziale, infrangendosi per 95 e passa minuti contro la linea-Maginot creata non più di due mesi a San Siro dal tecnico friulano.

Bisognerà avere freddezza, saldezza di nervi, eccezionale lucidità sotto porta e attenzione alle ripartenze avversarie per portarsi a casa una vittoria che, indipendentemente dal risultato del derby milanese, donerebbe agli azzurri la quasi certezza della zona Champions (quarto posto garantito) e nuove speranze...

Ci sarà il tutto esaurito domenica: speriamo solo che il San Paolo sia un inferno per i laziali e che l'entusiasmo non sconfini nell'impazienza e in una pressione eccessiva sui nostri ragazzi...chiediamo loro solo il massimo impegno e sosteniamoli fino a perdere la voce!

Il resto ci sarà se ce lo saremo davvero meritato!

Per saperne di più:



PS: ci tocca Banti, il "cieco di Verona", quello che non ha visto il "furto" di "Rubinho" col Chievo...a me non è mai piaciuto in generale, da quando ci arbitrava in serie C...il Napoli dovrà essere, anche stavolta, più forte anche dell'arbitro!

Anticipi e posticipi degli azzurri fino a fine campionato

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Eccoci di nuovo qui, dopo la "pausa internazionale", che ha esaltato le qualità di Cavani, Lavezzi e Maggio, che ha confermato i progressi di Yebda e la classe di Hamsik, che ha creato qualche disagio a Zuniga (distorsione alla caviglia, a rischio per domenica) e Sosa (prestazione deludente contro la Costarica).

Da qui a fine campionato, il Napoli, oltre all'anticipo di domenica a ora di pranzo contro la Lazio, sarà protagonista in notturna in ben 4 occasioni:

  • due posticipi (ore 20.45): domenica 17 aprile (Napoli-Udinese) e domenica 15 maggio (Napoli-Inter, penultima giornata)
  • un anticipo (ore 20.45): sabato 30 aprile (Napoli-Genoa)
  • e nell'ultima giornata di campionato, alle 20.45, a Torino contro la Juve, in contemporanea, però, con tutte le altre partite della giornata
Molte discussioni sta suscitando la scelta della Lega Calcio di evitare il posticipo del 15 maggio per ragioni di ordine pubblico, visto che a Napoli si svolgeranno in quella giornata le elezioni amministrative: già nelle scorse settimane si era addirittura ipotizzato un anticipo alla sera di venerdì 13, ma la Lega non solo non ha tenuto conto di queste voci, ma ha ufficialmente rigettato la richiesta di cambiare giorno e orario della partita...ma ho il sospetto che la vicenda potrebbe avere qualche imprevisto sviluppo.

Molto si discute, non a sproposito in verità, sul fatto che in alcune occasioni "cruciali" (già domenica contro la Lazio, poi contro l'Udinese, poi ancora contro l'Inter) il Napoli scenderà in campo conoscendo già i risultati di una o entrambe le milanesi e questo potrebbe creare ulteriori pressioni sugli azzurri, come del resto già accaduto negli ultimi due turni contro Parma e Cagliari, dove però gli azzurri se la sono cavata brillantemente. Vedremo...

domenica 20 marzo 2011

Ancora record!

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Dopo il record della scorsa settimana, con le 8 vittorie in trasferta, il Napoli questa sera, battendo il Cagliari, infrange un tabù e vince in casa in serie A contro i rossoblù dopo 18 anni di astinenza e atroci amarezze e infrange due record eccezionali:

  • Cavani, con la doppietta di stasera, raggiunge quota 22 ed eguaglia l'istriano Antonio Vojak che raggiunse tale traguardo ben 78 anni fa, nel 1932-33
  • De Sanctis resiste per altri 57 minuti e quindi raggiunge i 799 minuti di imbattibilità interna, superando il Giaguaro, Luciano Castellini, che nel 1981-82 raggiunse quota 763.
Significativo che i due record di questa sera siano raggiunti dal portiere e dal centravanti della squadra, cioè due di quelli che vengono considerati gli assi portanti, la cerniera tecnico-tattica di una squadra, assieme al mediano e al centrale difensivo e in questi due record si possono leggere due delle chiavi fondamentali di questa eccezionale stagione azzurra.

Signori, va davvero dato atto alla società, al tecnico e alla squadra per la stagione incredibile che ci stanno facendo vivere: se riavvolgiamo il nastro e torniamo ad inizio stagione, ricorderemo senz'altro quanto fossero grandi i timori di doverci accontentare di un campionato con tanti punti persi lungo la strada a causa degli sforzi europei che in passato molte squadre hanno sofferto.

Il tecnico azzurro è stato capace, ancora una volta, di valorizzare al massimo tutte le risorse umane e tecniche disponibili e a ridurre davvero al minimo, pur non avendo le alternative tecnico di Inter o Milan o Roma, l'impatto negativo che fatalmente un torneo duro come l'Europe League determina.

Stasera la partita era difficile già prima di cominciare, ancora una volta con una pressione enorme dovuta al passo falso del Milan, all'ennesima avanzata dell'Udinese, alla ripresa della Lazio e alla tenuta della Roma a Firenze. Una partita interna da sfruttare al massimo contro una squadra che non aveva nulla da perdere e con l'orgoglio ferito dal pesantissimo rovescio interno con l'Udinese.

In più ulteriori problemi con la salute cagionevole del tecnico, le preoccupazioni familiari di Gargano e l'abbandono concordato del ritiro da parte del mediano azzurro, la condizione precaria di Santacroce e le assenze di Maggio e Campagnaro.

E in questo contesto la partita si è ulteriormente complicata per l'eccellente lavoro tattico che il Cagliari di Donadoni mette sul campo nel primo tempo, immobilizzando tutte le fonti di gioco azzurro e lasciando soltanto una mezza occasione da rete a Lavezzi sul cui tiro non riesce ad inserirsi Hamsik per spingere la palla in porta.

 Gli azzurri denunciano imbarazzi sin dalla difesa, aggredita in ogni frangente del primo tempo da un pressing altissimo di attaccanti e centrocampisti cagliaritani, che impediscono di costruire gioco sia nella zona mediana del campo, dove Yebda e Pazienza vengono stritolati da Biondini, Conti e Naingolan, sia sulle fasce laterali dove il solo Dossena riesce di prepotenza a crearsi qualche spazio.

Nemmeno Cannavaro e Ruiz riescono con i lanci lunghi a creare spazi in avanti: lo spagnolo in particolare appare stordito dalla fragorosa platea del San Paolo e mostra pecche anche nella fase difensiva dove soffre le incursioni di Cossu, Acquafresca e Missiroli.

Il centravanti cagliaritano spaventa per due volte De Sanctis, per cui alla fine del primo tempo lo 0 a 0 appare persino stretto per il Cagliari e la preoccupazione domina sovrana tra i tifosi azzurri.

Nella ripresa invece, come a Parma, gli azzurri si sbloccano e cominciano a sfruttare ogni minimo spazio che finalmente il Cagliari inizia a concedere: ho contato in appena 40 minuti di gioco, tra il 47' e l'88' minuto la bellezza di 8 occasioni da rete, comprese le due segnature del Matador: si presentano al tiro, oltre ai soliti noti del trio delle meraviglie, persino Yebda (due volte), Pazienza e Mascara (palo) a conferma di un dominio incrinato soltanto da un fortunato rimpallo di Acquafresca che beffa Cannavaro e brucia De Sanctis.

Il Napoli riesce a trovare molti più spazi sulle fasce laterali con un sempre continuo Dossena e con un migliorato Zuniga, a dominare in mezzo al campo con uno Yebda sempre più prepotente e autorevole col passare dei minuti, con Santacroce e Ruiz che dopo aver stentato nel primo tempo sono cresciuti vertiginosamente con anticipi puntuali ed efficaci.

E in avanti appena si è accesa la luce di Hamsik e del Pocho guardacaso il Matador ha ritrovato la via della rete.

Una vittoria dunque di stretta misura ma meritata nonostante gli ultimi disordinati assalti del Cagliari che però non hanno generato veri pericoli per la difesa azzurra.

E adesso arriva la sosta che servirà a recuperare la condizione fisica di alcuni uomini (Campagnaro e Dossena prima di tutto) apparsi affaticati dopo lo sforzo di questa sera.

Ci sarebbe nel novero anche Hamsik che invece dovrà continuare a tirare la carretta anche per la sua nazionale: speriamo che la pausa delle nazionali non lo vedrà impegnato a tempo pieno consentendogli di recuperare qualche energia che, lo si è visto stasera, serve a questo Napoli come il pane.

Ci aspetta fra due settimane un altro week end da brivido e ancora una volta il Napoli giocherà sapendo cosa avranno fatto Milan e Inter, dovendola vedere, per giunta nell'insolito orario delle 12,30, contro una Lazio che è assolutamente inguardabile da un punto di vista spettacolare, ma che continua a tenere le posizioni di avanguardia...e vincere contro i biancoazzurri sarebbe per il Napoli, indipendentemente dal risultato del derby, un risultato straordinario per il prosieguo del torneo...e per tagliare un altro record...ma ne parleremo con calma...per oggi di record ne abbiamo a sufficienza!

Serie A 2010-11: 30ª - Napoli-Cagliari 2-1

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Le pagelle di Napoli Cagliari

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De Sanctis: 6,5 - Nessun intervento e record di Castellini battuto, nonostante un paio di spaventi di Acquafresca che brucia prima Santacroce e poi Ruiz. Nella ripresa capitola per un errore di Cannavaro, ma nel finale sventa con un bagher un pallone che danza pericoloso nell'area azzurra. Porta il record detenuto da Castellini fin dal campionato 81-82 da 763 a 799 minuti.

Santacroce: 6 - Si fa bruciare da Acquafresca nei primi minuti di gioco e rischia di rovinare la festa di De Sanctis. Nel primo tempo non convince sia sul piani della velocità che dell'efficacia degli interventi difensivi e crea confusione anche nella ripartenza dell'azione. Molto più sbrigativo ed efficace nella ripresa.

Cannavaro: 6,5 - Nel primo tempo in assoluto il migliore dei centrali, guida la difesa con determinazione e sicurezza spazzando ogni pallone che passa dalle sue parti. In un paio di occasioni pesca anche gli attaccanti azzurri con pregevoli lanci lunghi a saltare il centrocampo. Nella ripresa un unico errore con cui Acquafresca riesce a trafiggere De Sanctis ma non si scoraggia e riprende a difendere con i denti.

Victor Ruiz: 6,5 - Nel primo tempo argina a fatica chiunque passi dalle sue parti (Cossu, Missiroli e Acquafresca) e non riesce a esprimere il suo calcio lungo a scavalcare il centrocampo, asfissiato dal pressing cagliaritano. Disputa invece una ripresa mostruosa, rompendo il "timore" del San Paolo: talento difensivo, grinta, determinazione e tecnica, mostrando straordinaria lucidità nei momenti più difficili sia in fase difensiva che nel reimpostare l'azione.

Zuniga: 5,5 - Proprio oggi che può esprimersi nel suo ruolo naturale, appare in condizione fisica non eccellente e la sua fascia viene totalmente sigillata da Naingolan e dai difensori cagliaritani, per cui nel primo tempo il suo apporto appare nullo. Nella ripresa trova maggiore spazio, mette lo zampino sull'azione del rigore, crea maggiori difficoltà ai difensori avversari in fase di spinta, ma soffre, specie negli ultimi minuti, in fase difensiva mostrando poca lucidità.

Dossena: 7 - Tra i migliori: nonostante l'asfissiante pressing dei sardi, Andrea riesce spesso già nel primo tempo a crearsi spazi anche dove non ci sono e cross buoni ma mal sfruttati dagli attaccanti azzurri. Continua a spingere con straordinaria continuità nella ripresa ed è suo il cross per il palo di Mascara. Si arrende solo alla fatica muscolare.

Aronica: 6 - Negli ultimi minuti al posto di Dossena soprattutto per difendere. Trova anche una discesa negli ultimi minuti di gioco che lo proietta davanti ad Agazzi.

Pazienza: 6 - Soffre l'asfissiante pressing del Cagliari: prova a fare ordine e specie nella ripresa trova spazi per filtrare e impostare con ordine il gioco.

Yebda: 6,5 - Nel primo tempo ritmo e qualità non sufficienti per ciò che il tema tattico della partita richiederebbe, ma nella ripresa gli spazi aumentano e il franco-algerino trova molti più spazi e per due volte si presenta al tiro dal limite con grande pericolosità.

Hamsik: 6,5 - Primo tempo fallimentare: non imbrocca nè un'idea nè un inserimento. Con Zuniga già in difficoltà, si mette sul suo lato, ma il suo continuo tornare indietro anche in quei frangenti in cui c'è un minimo spazio, rende la manovra azzurra ancora più involuta. Nella ripresa, appena il Cagliari lascia qualche varco, Marekiaro si infila con geniale intelligenza e ne escono fuori l'assist per il Pocho in occasione del rigore, due tiri pericolosi verso la porta sarda e tante giocate utili a rifiatare e ripartire. Anche lui fermato dai crampi.

Mascara: 6 - Appare molto più in palla delle sue prime apparizioni e offre alla platea un colpo di testa fin troppo ben mirato (palo!).

Lavezzi: 6,5 - Prova ad accendere l'attacco azzurro con volontà ma, come a Parma, si accende con ferocia nella ripresa e cambia faccia alla partita, spaccandola come a Parma. Subisce un'ammonizione a dir poco ridicola, da ridere per non piangere.

Cavani: 7 - Nel primo tempo la difesa del Cagliari pressa e copre ogni spazio, Lavezzi svaria dappertutto con poco costrutto, il Matador si mette pure lui a svariare in posizioni di attacco improbabili, per cui nessuno sbocco offensivo. Nella ripresa il Pocho e Marekiaro riescono a trovare la chiave della difesa sarda e il Matador prontamente mette a frutto il lavoro dei suoi talentuosi compagni. Un record straordinario anche per lui: 22 reti come Vojak nel 1932-33.

Mazzarri: 7 - Nel primo tempo totalmente surclassato sul piano tattico dal pressing asfissiante del Cagliari di Donadoni, che gli sigilla le fasce e aggredisce gli azzurri sistematicamente fin dai rinvii di De Sanctis, imbavagliando tutte le fonti del gioco azzurro. Ancora una volta chiamato, come in partite tipo Chievo, a dover incrinare tatticamente il muro avversario. Non cambia nessun uomo nell'intervallo ma riesce ad ottenere dai suoi ragazzi una maggior concentrazione e intelligenza tattica, specie nella fase offensiva, creando quegli spazi mancati del tutto nel primo tempo. Cambia nel finale soltanto per affaticamenti muscolari dei suoi titolari.

Arb. Damato: 6 - Nel primo tempo direzione di gara ordinata e attenta, anche nella distribuzione dei cartellini. Nella ripresa indovina tutte le decisioni, rigore compreso, ma si merita un voto in meno per la ridicola decisione di ammonire Lavezzi.

venerdì 18 marzo 2011

180 minuti per decidere il futuro

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Sono molti gli spunti che derivano dall'ultima settimana agonistica e molti quelli che renderanno i prossimi due turni di campionato, intervallati da una delle ormai rarissime "pause-nazionale", fondamentali per fornire ulteriori elementi di valutazione rispetto alla corsa scudetto e a quella per la Champions.

In questo momento, dopo le battute di arresto di Milan e Inter e la contestuale travolgente avanzata dell'Udinese, il Napoli si trova in un limbo non facile da vivere, stretto tra un'inseguitrice che sembra non conoscere ostacoli, l'Udinese, e le due milanesi che a volte appaiono troppo deboli per staccare gli azzurri e a volte appaiono troppo forti per essere raggiunte.

Il Napoli è in questo momento esattamente in mezzo tra una prepotente spinta proveniente dal basso e una non irresistibile controspinta che gli proviene dalle prime due posizioni di classifica.

Il momento di Milan e Inter è molto particolare.

Chi ha visto la partita dei rossoneri col Bari e ha visto il Milan in questi ultimi due mesi, non può sorprendersi del risultato e della prestazione dei ragazzi di Allegri.

Il Milan ha un Ibra che da due mesi a questa parte fa fatica a offrire lampi di classe e domenica, espulsione a parte, ha offerto tutto il peggio del suo repertorio attuale: un gatto di marmo, che mi ha ricordato il "miglior" Zalayeta, quello che nelle sue peggiori giornate si marcava da solo. Ibra, non da oggi, non da domenica scorsa, è in netta involuzione tecnica e fisica, staziona perennemente ai limiti dell'area avversaria, pretende di avere la palla sui piedi, gioca da fermo, offre improbabili assist a compagni (vedi Pato) che a volte non lo capiscono e a volte lo temono per i suoi frequenti "cazziatoni". Andatevi a rivedere la partita di domenica e guardate come si è sbloccato il Milan dopo l'espulsione di Ibra: fino a quel momento il gioco dei rossoneri stagnava sulla tre quarti senza sbocchi e senza velocità, mentre appena Ibra è uscito, i rossoneri hanno cominciato a giocare in velocità (vedi gol dell'1 a 1) non essendo più costretti a passare per i piedi dello svedese e gli stessi difensori del Bari sono rimasti disorientati dal non avere più uno statico (e per questo utilissimo) punti di riferimento nel cuore della propria difesa.

Non diversa era stata la prestazione di Ibra ad esempio contro la Lazio e contro lo stesso Napoli dove interruppe un lungo digiuno realizzativo sul famoso rigore gentilmente offerto dalla ditta Rocchi, ma che, a parte quel momento, offrì lo stesso campionario di indisponente indolenza visto contro il Bari.

Dunque siamo sicuri che possa essere un danno per il Milan la squalifica dell'Ibra atuale? O magari invece non possa essere addirittura un vantaggio, liberando l'estro di un Pato perennemente tartassato dalle occhiatacce e dai "cazziatoni" dello svedese, paradossalmente quindi migliorando la qualità del gioco offensivo dei rossoneri?

E veniamo all'Inter...le ultime due uscite, quella col Brescia e quella col Bayern, hanno riproposto una squadra in preda a folli black out, improvvisi e devastanti, alternati con altrettanto impressionanti fasi di dominio tecnico. Appare veramente difficile, in questo momento, capire quali possano essere le reali risorse e i reali limiti di questa squadra. Avendola osservata diverse volte quest'anno, mi sono fatto un'idea: lo scorso anno i nerazzurri hanno realizzato un'impresa assolutamente eccezionale, ma anche fisicamente e mentalmente molto dispendiosa. Una di quelle imprese che svuotano teste e muscoli e che rendono difficile ricominciare con la stessa "fame" che Mourinho aveva instillato in questa squadra.

L'arrivo di Leonardo ha sicuramente ricostruito in parte una mentalità saziata dalle troppe vittorie, ma c'è un dato oggettivo che riguarda anche la condizione fisica precaria di alcuni uomini chiave che non hanno certamente la brillantezza dello scorso anno.

Certo il sorteggio di oggi potrebbe essere un segno che, almeno in Champions, la "magia" possa ripetersi (e sarebbe un'impresa eccezionale!) ma questi cali improvvisi e netti di attenzione potrebbero essere fatali, se si continuassero a ripetere, in un torneo dove l'equilibrio è elevato e la distanza dalla vetta, a 9 giornate dalla fine, può essere piccola, ma anche determinante, se tali cali di attenzione dovessero ripetersi.

Che effetto avrà l'impresa di Monaco? E che peso avranno le ulteriori fatiche di Champions che arriveranno nelle prossime settimane? Anche qui avremo risposte nei prossimi 180 minuti, e in particolare col derby di inizio aprile.

Dietro il Napoli, intanto, l'Udinese appare inarrestabile e il "presunto" vantaggio degli azzurri di potersi giocare in casa la sfida con i bianconeri, tra un mese, sembra al momento una iattura, considerando i devastanti risultati (persino più convincenti di quelli ottenuti in casa!) che i ragazzi di Guidolin stanno macinando.

Di fronte ad uno stato di grazia che, sembra assurdo dirlo, potrebbe condurre l'Udinese a traguardi impensabili, se dovesse continuare su questi ritmi di rendimento, potrebbero pesare due sole incognite: la prima è il "vento" della politica calcistica a cui certo farebbe piacere, lo si sussurra da più parti (a cominciare da Moggi che avrà fatto le sue marachelle ma non è uno stupido), una Roma sicura in zona Champions per agevolare una sua uscita dalla crisi economico-societaria che la attanaglia ormai da troppo tempo.

Segnali importanti ve ne sono: nonostante i giallorossi offrano prestazioni simili a quelle nerazzurre, molto discontinue, la prestazione nel derby ha mostrato una squadra che ha tenuto sul piano nervoso...ma il derby è un discorso a parte e bisogna vedere se i segnali di ripresa visti contro la Lazio avranno seguito.

L'altro fattore che potrebbe frenare l'ascesa udinese è invece puramente atletico-mentale: l'unico momento di crisi tecnica si è avuta ad inizio stagione, dopodichè i bianconeri hanno volato per tutta la stagione senza cali e senza pause, eppure sono "ancora" a tre punti dal terzo posto e se il Napoli riuscisse a resistere nelle prossime due settimane, potrebbe verificarsi una situazione frequente nello sport e nel calcio quando insegui sempre, ossia il crollo finale (ai più giovani ricorderei il celeberrimo Roma-Lecce 2 a 3 dell'85-86, quando i pugliesi ormai retrocessi vennero a vincere a Roma quando tutti assaporavano il completamento di una rimonta-scudetto incredibile dei giallorossi sulla Juve durata per tutto il torneo).

Le temperature si stanno alzando, la primavera si avvicina e questi 180 minuti rappresenteranno anche il passaggio dall'inverno alla primavera, nonchè l'ingresso in quella fase di stagione in cui alcune differenze tra chi rinasce e chi crolla si faranno evidenti dando luogo a incredibili resurrezioni e inattesi crolli.

Dove si collocheranno Milan, Inter, Napoli, Udinese, Lazio e Roma in questo passaggio stagionale che tradizionalmente plasma la classifica finale del torneo?

Basta aspettare i prossimi 180 minuti, quelli che potrebbero decidere il futuro!

domenica 13 marzo 2011

Serie A 2010-11: 29ª - Parma-Napoli 1-3

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Torna il Pocho, torna il Napoli...e cala il vento della Norditanza

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Nel "derby delle tartassate" dalla classe arbitrale, ne esce con le ossa rotte il Parma che, dopo un primo tempo dignitoso dove il Napoli è stato messo in difficoltà, ha ceduto agli svarioni arbitrali (in verità più del collaboratore di linea Rosi sul gol del pareggio azzurro), ma anche a grossi, evidenti limiti difensivi che il rientrante Pocho a messo a nudo spietatamente.

Il Napoli passa a Parma e conquista un record assoluto che supera persino i record del Napoli di Maradona: ottava vittoria in trasferta, un'impresa mai riuscita nemmeno al Napoli più forte della storia e questo può considerarsi sia un indice della forza di questa squadra, sia, temo, un indice della modestia di un torneo lontano parente di quel "campionato più bello del mondo", nel corso dei "ruggenti" anni '80 quando vincere in trasferta era un'impresa ai limiti dell'impossibile.

Gli azzurri iniziano con un certo imbarazzo: due errori di Santacroce nei primi tre minuti di gioco liberano due volte al tiro Palladino e questo inizio veemente sembra intimidire gli azzurri e incoraggia i ducali.

Il Napoli comincia a soffrire: in fase offensiva non riesce a sviluppare la sua manovra con la consueta velocità (il Pocho appare imballato e le fasce sono totalmente off limits), mentre in fase difensiva Valiani e Galloppa attaccano sistematicamente sulla fascia dii Zuniga, costringendo altrettanto regolarmente Pazienza e ripiegare sulla fascia per aiutare Zuniga e proteggere l'esordiente Victor Ruiz.

Ed è proprio da una di queste situazioni tattiche che nasce il calcio d'angolo da cui scaturisce il vantaggio del Parma con Palladino, vantaggio che appare persino meritato, visto che gli azzurri non riescono ad uscire dalla morsa del pressing parmense e le rare conclusioni azzurre (Cavani e Maggio) sono più frutto del caso che di trame ben congegnate.

Il Parma, pur mostrando già qualche piccola incertezza dietro, tiene comunque botta con autorevolezza fino alla fine del primo tempo.

Nella ripresa la partita cambia subito faccia: il Napoli comincia ad aggredire sul serio la difesa parmense e ne contempo registra molto meglio la sua fase difensiva. Si prende palla e si riparte con autorevolezza, Zuniga sigilla tutti i varchi e non passa più nessuno dalle sue parti, così Yebda e Pazienza diventano progressivamente padroni del centrocampo e in avanti si accende il Pocho.

L'argentino parte quasi dalla metà campo, defilato sul lato sinistro dell'attacco azzurro e non viene mai davvero contrato nè dai mediani del Parma (Galloppa) nè dai difensori che, vedendosi arrivare il Pocho a cento all'ora non riescono più ad arginarlo.

Triangolazioni fulminanti, con Maggio, Cavani e soprattutto con Hamsik mettono in ginocchio in pochi minuti la difesa del Parma: al 52' il "fattaccio" col gol in fuorigioco di Hamsik favorito però da una delle imperiose discese del Pocho, poi bastano appena 5 minuti perchè le parti si invertano e Hamsik lanci in porta Lavezzi con una triangolazione avviata dal Pocho sempre dalla stessa posizione, ridicolizzando ancora una volta mediani e difensori parmensi che stendono fiori e tappeti rossi agli attaccanti azzurri.

Il Parma perde la testa e Galloppa viene giustamente espulso per un'entrataccia su Hamsik e a quel punto, spentasi già la luce, il Parma appare totalmente smarrito. A nulla valgono gli inserimenti di Crespo e Giovinco per gli spenti Bojinov e Candreva. Il Parma si spinge in avanti a pieno organico e lascia varchi enormi nei quali il Napoli spreca tre o quattro occasioni colossali.

Prego davanti al televisore, imploro gli azzurri di chiudere il match, ho il terrore che il Parma, che guadagna punizioni dal limite e calci d'angolo, possa approfittare di qualche beffarda carambola che le darebbe un pareggio assolutamente immeritato.

Finalmente, grazie alla caparbietà del neo-entrato Gargano, Maggio trancia la difesa parmense su un rimpallo favorevole e chiude da attaccante di razza un match che il Napoli ha strameritato di vincere grazie ad un secondo tempo sontuoso e agevolato dalla pochezza tattica e dal crollo fisico del Parma.

Gli azzurri dunque respingono l'assalto dell'Udinese e si riavvicinano a Milan e Inter che ho seguito con attenzione (ma sui temi del campionato torneremo in settimana, perchè ci sono molte riflessioni da fare su Milan e Inter in vista del rush finale) e stavolta non hanno avuto favori, ma arbitraggi che si possono finalmente definire equanimi e senza sudditanza.

Sarà un caso? Sarà solo una parentesi...speriamo bene! Intanto è tornato il Pocho ed è tornato il Napoli...e abbiamo capito tutti che  non è un caso.

Le pagelle di Parma Napoli

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De Sanctis: 7 - Provvidenziale al 3' su tiro di Palladino da fuori, non può nulla sulla conclusione dell'1 a 0. Nella ripresa si getta a corpo morto su ogni mischia, su ogni pallone, su ogni pericolo con grandissimo coraggio!

Santacroce: 6 - Si fa sfuggire Palladino due volte nei primi 3 minuti di gioco, continua a soffrire l'irruenza degli attaccanti parmensi, ma piano piano comincia a prendere le misure nel corso del match, fino a domare chiunque passi dalle sue parti. Si vede che ancora non è al meglio perchè prevale più spesso con le cattive che con le buone, ma non importa...

Cribari: SV - Pochi minuti per lui, si schiera sul lato destro al posto di Santacroce e ha il tempo per un tackle difensivo concluso con successo e autorevolezza.

Cannavaro: 7 - Puntuale e affidabile come al solito. Un cardine essenziale per la sicurezza azzurra.

Victor Ruiz: 7 - Esordio non facile, sul suo lato imperversano Valiani e Candreva non troppo ben "filtrati" dal centrocampo azzurro, ma i suoi interventi sono sempre precisi e affidabili e in più tenta più volte lunghi e spesso precisi cambi di gioco a saltare il centrocampo. Nel secondo tempo i suoi avversari spariscono, un po' per loro limiti fisici, un po' per la mostruosa prestazione difensiva di Zuniga nella ripresa che chiude ogni varco e leva ogni difficoltà al giovane spagnolo.

Maggio: 7 - Inizio in sordina, anche se subito meglio rispetto a domenica scorsa, già nel primo tempo affonda spesso e per poco non riesce anche a impattare verso la porta. Cambia marcia nella ripresa approfittando fino in fondo del calo degli avversari e infine affondando nel burro per il gol della sicurezza e del trionfo. Diffidato e ammonito, salterà il match di domenica prossima col Cagliari.

Zuniga: 7,5 - Diagonale provvidenziale su Bojinov lanciato a rete, nel primo tempo appare in difficoltà fisica e tattica rispetto alle eccelse prestazioni delle scorse settimane, quando lascia troppo spazio sulle avanzate di Valiani e Candreva costringendo Pazienza a rientri massacranti per coprire Ruiz. Ma nella ripresa disputa una prestazione eccezionale per abnegazione e sacrificio difensivo, chiudendo tutti, ma proprio tutti i varchi e sigillando la difesa azzurra. Nel finale si lancia più volte in contropiede, sfiora un gol, va in due contro uno e non riesce a servire Cavani per il gol che chiuderebbe anticipatamente il match ma poi governa palla con sapienza tenendola spesso lontana dall'area azzurra. Un fattore!

Yebda: 6,5 - Servirebbe più qualità che il franco-algerino non è proprio in grado di offrire. Nel primo tempo troppo falloso su un terreno che a lui dovrebbe essere congeniale. Nella ripresa più ordinato e disciplinato, fa finalmente valere il suo peso e gli azzurri finiscono dominando il centrocampo.

Gargano: 7 - Una panchina che gli offre un bagno di umiltà che il Pichulo accetta: aspetta il suo turno, entra per una manciata di minuti, combatte, recupera palloni su palloni, smista palla finalmente con precisione e semplicità e pressando pressando crea quella confusione nella difesa parmense che favorisce, con un rimpallo, il gol del 3 a 1 che chiude la partita.

Pazienza: 7,5 - Di gran lunga il migliore dei suoi nel primo tempo: si sacrifica con massacranti rientri sul lato sinistro della difesa azzurra nel tentativo di contenere le avanzate di Valiani e Candreva. Proprio da una di queste situazioni tattiche nasce il calcio d'angolo su cui il Parma trova il vantaggio e, se è vero che Palladino compie una prodezza balistica, è anche vero che l'attaccante parmense lo può fare perchè sfugge alla marcatura del mediano azzurro sul calcio d'angolo. Nella ripresa, grazie alla vertiginosa crescita di Zuniga, può dedicarsi all'ordinaria amministrazione filtrando e facendo ripartire l'azione azzurra.

Hamsik: 7,5 - Continuo nella partecipazione alla manovra, nel primo tempo mette un bellissimo pallone in mezzo che il Lucarelli parmense quasi trasforma in autogol per anticipare Cavani, ma si scatena davvero nella ripresa: segna il gol del pari, seppure in fuorigioco, ma soprattutto offre un assist strepitoso per il gol del vantaggio del Pocho, si prende il fallo da espulsione di Galloppa e aiuta la squadra con generosi rientri, preziosissimi nel finale.

Mascara: SV - Entra nel recupero, giusto per tenere palla e offrire ad Hamsik una standing ovation.

Lavezzi: 8 - Primo tempo da 5,5. L'inattività si sente, fa tanto movimento, ma appare poco brillante e non supera quasi mai in velocità i suoi avversari diretti. Nella ripresa travolge e devasta tutto e tutti, sfascia la difesa parmense, la affetta come il burro, offre un pallone da spingere in porta per il pareggio di Hamsik, si lancia in profondità a cogliere il favoloso assist di Hamsik per il gol che capovolge la partita e poi continua a massacrare la difesa parmense che si arrende di fronte allo strapotere del Pocho! Il fattore determinante della vittoria azzurra.

Cavani: 6 - Nel primo tempo fa grande fatica ad accendersi, rientra troppo, si trova in situazioni "interessanti" in un paio di occasioni. Nella ripresa si accende il Pocho e gli altri compagni e il Matador sfiora più volte la marcatura.

Mazzarri: 6,5 - Nel primo tempo Marino vince il confronto tattico col tecnico azzurro: i movimenti sui lati, specie con Valiani e Candreva sul lato sinistro della difesa azzurra, limitano le avanzate di Zuniga e sottraggono Pazienza al filtro nella zona centrale del campo, costringendolo a ripiegare troppo sulla fascia. La scelta di Yebda sembra pagare poco, laddove il franco algerino dovrebbe dominare sul campo pesante di Parma. Nella ripresa corregge posizioni e atteggiamenti tattici: riesce a ottenere da Zuniga la dovuta copertura che evita a Pazienza i massacranti rientri del primo tempo, trova maggior equilibrio a centrocampo, riesce ad ottenere il meglio dagli uomini più appannati nel primo tempo e per il Parma è stata notte fonda.

Arb. Morganti: 5,5 - Nel primo tempo arbitraggio autorevole e sempre preciso sia nelle decisioni sugli scontri di gioco sia nella distribuzione dei cartellini. Nella ripresa viene subito tradito dall'assistente Rosi che non vede il netto fuorigioco di Hamsik sul pareggio azzurro. Alla fine si tratta di un unico errore ma che, condizionando gli equilibri della partita, non può garantirgli la sufficienza, anche per un mani di Cannavaro tutto da verificare, che costa l'ammonizione al centrale azzurro.

venerdì 11 marzo 2011

Norditanza, Genoveffe, Cenerentole, Moviole in campo e girocolli...

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Agli affezionati lettori di questo piccolo blog sono debitore di una gustosa curiosità, ovvero svelare qual è il giornalista che ha proposto il geniale termine "norditanza". Si tratta del direttore del Guerin Sportivo, Matteo Marani, che  spesso interviene con estremo garbo e intelligenza durante l'appuntamento quotidiano di Marte Sport Live.

Un altro "gentiluomo dell'etere", sempre garbatissimo quanto netto e mai banale nelle sue valutazioni critiche è il direttore di Quotidiano.net, Xavier Iacobelli, che quest'oggi, sempre a Marte Sport Live, è partito dalle ironiche parole del Presidente Aurielio De Laurentiis sulle Cenerentole e le Genoveffe del campionato, per sottolineare come la crisi del calcio e dello sport italiano (che rispecchia la più generale crisi di questo paese) sta nella dirigenza più volte definita senza mezzi termini "preistorica" da Iacobelli, vecchia, decrepita e che ancora accampa pretese sul presente e sul futuro del calcio e dello sport italiano.

Come si può pensare, si domanda Iacobelli, di mettere la Lega Calcio, per il dopo Beretta (e chi è??? che ha fatto quest'uomo per il nostro calcio di club??? Chi l'ha visto???), nelle mani di un certo Franco Carraro che, a parte il disgustoso passato recente di cui si è reso protagonista nel mondo del calcio italiano, compirà 74 anni a dicembre e muove i fili del potere calcistico e sportivo da oltre 40 anni?

Coem si può pensare, si domanda ancora Iacobelli, di mettere a capo del Comitato Olimpico per Roma 2020 un Mario Pescante che in quella data, glielo auguriamo, raggiungerà la soglia degli 80 anni?

Il punto non è l'età anagrafica di questo o quel protagonista o una guerra contro l'anziano di turno, ma questo paese, non solo nel calcio e nello sport,  sta morendo di arteriosclerotica gerontocrazia

La Norditanza, per i critici meno faziosi come quelli appena citati esiste eccome e sta rovinando sempre di più un mondo che avrebbe bisogno di energie, idee, entusiasmo, competenze e persone "nuove" come quelle portate dal presidente del Napoli che, diciamolo, neanche lui è proprio di primo pelo, ma almeno cerca con coraggio di portare quel livello di innovazione che, come insegnano i grandi tornei professionistici americani come quello di baseball, di football e di basket, pur muovendo miliardi di dollari, rappresentano un'attrattiva sempre straordinaria per un motivo semplice ed elementare: la presenza di tutta una serie di meccanismi che cercano di creare il maggiore equilibrio possibile tra le contendenti dei vari campionati in modo da offrire spettacoli tecnici sempre di alto livello spettacolare e di tensione.

Certo anche nei tornei americani esistono squadre fortissime, forti, deboli e debolissime, ma non sono mai le stesse di anno in anno e anche una squadra debole può aspirare a diventare nel giro di qualche anno una franchigia temuta e rispettata e vincere un campionato.

Certo il calcio in Italia (ma anche in Europa) è un mondo totalmente differente: la sudditanza non esiste solo in Italia e anche a livello europeo certe maglie e certi stadi incutevano e in parte ancora incutono, diciamo così, rispetto...ma avete visto, ad esempio, come si lamentavano i milanisti durante la partita col Tottenham su certi contrasti dove in Italia sono abituati ad essere maggiormente "tutelati"?

Il problema di un sistema "a caste" fatto di Genoveffe (Inter, Milan e Juve su tutte) e di cenerentole (le altre) è uno dei fattori scatenanti della crisi tecnica del nostro calcio, già minato da una crisi economica che negli ultimi anni ci ha ridimensionato tanto rispetto ai decenni di vacche grasse degli '80 e dei '90.

Un movimento calcistico per esser forte a livello internazionale deve selezionare i migliori sul campo, non solo nei palazzi del potere: è un problema non solo calcistico, ma di cultura imprenditoriale e politica, dove i rapporti di potere prevalgono sui meriti e sulla competenza e quando un sistema si regge sui primi anzichè sui secondi, quando deve competere con altri sistemi che si basano sui secondi entra in crisi, si sente "non protetto" perchè dentro i suoi confini è abituato a certe "garanzie" e "protezioni".

Si tratta di temi non di oggi, ma che in altre epoche storiche, quando l'Italia riusciva comunque ad attrarre eccellenze da altri movimenti calcistici e creare a sua volta eccellenze come il centro tecnico di Coverciano o il lavoro sui vivai, teneva l'Italia comunque all'avanguardia del calcio internazionale. Ma oggi il mondo è cambiato: la globalizzazione ha portato un po' ovunque competenze prima riservate a pochi, gli stessi allenatori italiani hanno cominciato a girare il mondo, il lavoro sui vivai e sull'addestramento tecnico è stato via via abbandonato, salvo rare eccezioni e gli stessi vivai superstiti si sono a loro globalizzati creando concorrenza sin dai livelli più bassi dei settori giovanili.

Il calcio italiano è malato della stessa malattia di cui è malato il nostro paese: gerontocrazia, pochi investimenti sulla "ricerca" (la "ricerca" nel calcio sono i settori giovanili), meccanismi di oligopolio (potere in mano a pochi, sempre gli stessi) anzichè concorrenza.

Anche in Spagna, ad esempio, il movimento calcistico è "oligarchico", addirittura ancora più che in Italia, ma il successo spagnolo degli ultimi anni sta nella capacità di muovere energie politiche (vedi gestione degli stadi), economiche (tassazioni agevolate sugli ingaggi dei giocatori), tecniche (investimenti massicci sui settori giovanili e allenamento al gioco e alla tecnica prima che alla tattica).

E qui? E qui si sciupa ogni giorno un patrimonio di passione e tradizione paradossalmente proprio con la patologica mancanza di interesse per l'innovazione e l'innalzamento del livello tecnico del torneo italiano: 20 squadre e 38 giornate, in un calendario mondiale già intasato, sono troppe e ci fanno solo male a livello internazionale.

Anzichè agevolare le squadre che giocano in Europe League, come si fa per quelle che giocano in Champions,
ci si diverte a creare ingorghi paurosi di calendario: alla fine tante, troppe partite di qualità scadente, una pietanza troppo abbondante, da bulimici, ma di gusto sempre più povero e insipido.

E di che si parla poi? Del fatto che il Napoli fa vittimismo??? La storia la scrive sempre chi comanda: se si lamenta chi comanda, sta tutelando i suoi diritti, se si lamenta chi non comanda, fa del vittimismo.

Che differenze ci sono tra gli strepiti di Galliani e Berlusconi contro Russo di Nola all'indomani di Cesena-Milan, di Marotta all'indomani di Palermo Juventus rispetto alle recenti e giustificate esternazioni di De Laurentiis e Mazzarri?

Avete fatto mente locale da quando si parla tanto di moviole e fuorigioco? La svolta simbolica, a mio avviso, avviene nel campionato 80-81, Juve Roma 0 a 0 e gol del romanista Turone annullato per fuorigioco di centimetri, gol che avrebbe spianato la strada dello scudetto alla Roma.

In quel periodo storico la tecnologia delle riprese televisive comincia a fare passi avanti, si affacciano le TV private, aumentano le telecamere che riprendono le partite, molte piu' persone rispetto ai decenni precedenti assistono alle singole partite grazie alla loro diffusione in televisione.

Questo significa che se gli arbitri facevano certe cose negli anni '50, '60 e '70, per dire, i "testimoni" erano quasi sempre soltanto gli spettatori presenti allo stadio, laddove oggi lo "stadio" e' fatto di diversi milioni di occhi e tante telecamere con qualita' delle immagini sempre migliore.

Era più facile dunque, un tempo, accusare di vittimismo o mascherare certi "venti di norditanza" rispetto ad oggi perchè oggi ci sono più "testimoni" e più "allenati" a vedere, a notare certe cose, certi atteggiamenti.

A questo punto però mi domando una cosa che mi gira in testa da anni: perchè tanti presidenti si lamentano e poi a capo della Lega si propongono i soliti noti (tipo Carraro) o dei "signor nessuno" (come l'attuale Beretta)?

Ma i voti per eleggere il presidente della Lega si contano o si pesano? Ogni voto conta per uno o i voti di Milan, Inter e Juve pesano più delle altre 17 Cenerentole?

Si avvicinano le elezioni del nuovo presidente di Lega al posto di Beretta e incombe la "minaccia Carraro"! De Laurentiis, che sta portando nuove idee molto apprezzate da tanti suoi colleghi, come il doppio sponsor sulle maglie, puo' coagulare il consenso delle medio-piccole?

Intanto molto si discute, a proposito della "Norditanza" sul possibile uso della moviola in campo...Ma la moviola in campo servirebbe? A mio avviso fino a un certo punto, mi spiego:
  • nel tennis l'uso della moviola e' semplice e non da' adito ad alcuna possibile contestazione: il "falco" viene usato per dire se la pallina e' rimasta in campo (IN) o e' uscita fuori (OUT), quindi valuta un evento il cui risultato e' definito oggettivamente da un computer
  • situazioni analoghe nel calcio potrebbero esserci per un gol-non gol, una rimessa contestata, forse un fuorigioco (ma non con la regola attuale della "parte utile" del corpo che si espone a interpretazioni anche soggettive), ma un rigore? Prendiamo un caso come quello di Maggio: l'arbitro rivede l'azione e ritiene che il fallo, anche alla moviola, non ci sia, che il contatto sia regolare. Ecco il problema: ci sono situazioni nelle quali il problema non e' vedere o non vedere, ma interpretare. Certo in alcuni casi in cui l'arbitro davvero non vede e quindi la moviola aiuterebbe a salvare l'arbitro nelle situazioni in cui non vede nulla. Ma ci sarebbero comunque situazioni in cui l'arbitro vede e rivede e potrebbe sempre avere quella sudditanza che lo potrebbe portare, anche ad azione rivista,a fischiare o non fischiare a seconda delle maglie.
  • Mi sono fato la convizione, e non da oggi, che in Italia, a livello Uefa e a livello Fifa, la moviola in campo sia volutamente ignorata perche' sottrarrebbe troppo "potere" all'arbitro e a chi li gestisce
Ma l'Italia che potrebbe fare, se anche volesse, per portare davvero la moviola in campo? Molto difficile da dirsi e a realizzarsi considerando che dovrebbe essere l'International Board della Fifa a pronunciarsi a livello mondiale, che Blatter, anche lui decrepito, anche lui destinato a restare ancora a lungo capo del calcio mondiale, è contrario perchè lo strumento gli sottrarrebbe qualcosa del suo potere dittatoriale

E poi l'international board, diceva oggi Iacobelli, si riunira' nelle prossime settimane per vietare l'uso dei girocolli di lana (tipo quello che usa Pazienza nelel giornate piu' fredde) per tutelare l'incolumita' dei giocatori...quindi, signori miei, di che parliamo?

martedì 8 marzo 2011

Piccolo spazio pubblicità

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Bando alle malinconie e al fegato amaro...beviamoci su!





La "controclassifica" di MSN.IT - COGLIETE LE DIFFERENZE!

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A proposito di "vento arbitrale", ecco una fonte al di sopra di ogni sospetto di faziosità a favore del Napoli: la "controclassifica" di MSN.IT.

Senza commento...




Il campionato come il National Geographic Channel

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Una delle mie grandi passioni, oltre al Napoli, sono la natura, l'astronomia e quindi i documentari storici e scientifici.

Ecco quindi che molto del mio tempo libero lo passo guardando documentari storici (su History Channel) e scientifici (su National Geographic Channel) e ripensando ai grandi documentari sul potere e sulla corruzione nell'antica Roma piuttosto che sulle gerarchie in base alle quali i predatori carnivori che cacciano in branco si nutrono delle loro prede, ho pensato improvvisamente al nostro campionato di serie A, ma non solo a quello attuale, ma alle decine e decine di campionati che ho seguito da quando ero bambino e (ancora) credevo alla Befana.

In particolare, se vi capita di osservare uno delle migliaia di documentari di cui il National Geographic e' straordinario e ineguagliabile artefice da decenni, uno di quei documentari che fanno vedere come i predatori carnivori che cacciano in branco si nutrono delle loro vittime, potrete capire molto di piu' dei meccanismi di spartizione del potere nell'ambito del campionato di calcio e quindi della conseguente sudditanza psicologica degli arbitri verso le grandi.

La caccia in branco prevede che una volta ottenuta la preda, esista un arigida gerarchia con cui la preda viene divorata: ai capibranco i pezzi migliori e piu' grandi, ai subalterni cio' che resta e guai a non rispettare le gerarchie! Si rischia di essere sbranati a propria volta dai propri simili!

Il campionato di calcio e' un po' come una succulenta preda e anche in questo caso esistono capibranco e subalterni.

Partiamo dal presupposto che l'essere umano, come e piu' di ogni altro essere vivente, e' guidato dall'ambizione, dal desiderio innato di migliorare la propria condizione eisstenziale e il proprio benessere, innanzitutto materiale e poi, magari, spirituale, di acquisire sempre piu' potere per fronteggiare al meglio possibile le difficolta' della vita.

Nel far questo entra necessariamente in competizione con i suoi simili e quindi le proprie azioni sono, non necessariamente in malafede, guidate da questa spinta che, apllicata nel mondo arbitrale, significa cercare di acquisire prestigio, arbitrare match importanti (quelli con le grandi del campionato), diventare internazionale e quindi, alla fine, poter guadagnare di piu' da questo lavoro con gettoni di presenza e magari (vedi il Collina di qualche anno fa) persino con prestigiosi e remunerativi contratti pubblicitari.

Per entrare in questo "circolo virtuoso" l'arbitro deve cercare di ingraziarsi i "capibranco" del sistema: il Milan di Berlusconi e Mediaset, l'Inter di Moratti e Telecom e, qualche anno fa, la Juve di Gianni Agnelli e della Fiat.

Pochi ci hanno riflettutto, perche' le parole di Moggi vengono considerate da tutti quelle di un "capomafia" inaffidabile, corrotto e mai credibile, ma se qualcuno avesse la pazienza di ascoltarle con attenzione e di sovrapporle alla realta' economico-politica degli ultimi 15 anni del nostro paese, comincerebbe a trovare interessanti connessioni.

Cos'e' successo negli ultimi 15 anni nell'economia del nostro paese ...e quindi di riflesso nel calcio? La famiglia Agnelli, in auge fino alla prima meta' degli anni '80 (periodo in cui non a caso la Juve vinceva vagonate di scudetti), ha risentito sempre piu' della crisi della Fiat e poi dell'editoria, due settori di fondamentale interesse in un mondo cosi' politicamente rilevante come quello del calcio, a cui si e' aggiunta la scomparsa fisica dei grandi fratelli che reggevano le sorti della grande Juventus che non a caso aveva dominato nel secondo dopoguerra.

L'economia italiana, dagli anni '80 in poi, si e' andata spostando dall'industria (Fiat) ai servizi (telecomunicazioni, Telecom e televisione, Mediaset) e quindi figure come Berlusconi e Moratti (quest'ultimo con interessi forti anche in un altro settore strategico come quello petrolifero) sono emerse prepotentemente nel corso degli anni '90 e all'inizio del 2000 si sono ormai stabilizzate come concorrenti sempre piu' forti rispetto allo storico ma decadente "capobranco" chiamato Juventus-Fiat-Agnelli.

La morte dell'Avvocato diventa uno spartiacque simbolico, un passaggio di consegne tra un vecchio equilibrio a tre (Juve-Inter-Milan) che ha caratterizzato il "secondo novecento industriale, politico e calcistico" a un nuovo equilibrio a due in cui Moggi cerca, col suo operato, di compensare ad un potere retrostante (quello della famiglia Agnelli) sempre piu' disorientato e debole rispetto alla forza sempre crescente di un Berlusconi ormai diventato Presidente del Consiglio e di un Moratti che ha consolidato la sua rete di conoscenze nel mondo del calcio.

Moggi quindi cerca di sgomitare, a beneficio della Juve, in uno spazio in cui appare sempre piu' stretto, sempre piu' stritolato dagli altri due capobranco che ormai ritengono di poter "fagocitare" il loro storico compagno di merende.

Ecco quindi Calciopoli, anno 2006, dove tutte le luci della corruzione sono puntate su Moggi, mentre l'operato dei dirigenti milanisti (Meani) e interisti passano quasi nell'ombra, quasi nel dimenticatoio, nonostante le famose intercettazioni coinvolgano anche loro nella "marmellata" dei rapporti "informali" tra societa' e mondo arbitrale.

Moggi dunque, non avendo una famiglia Agnelli degna degli anni ruggenti e di un potere ormai compromesso dai tempi nuovi, soccombe laddove i suoi omologhi degli altri "capobranco" possono mettere in campo tutto il loro potere economico, politico e mediatico per "salvare" l'immagine di Milan e Inter.

Ecco quindi il cambiamento storico che avviene nel corso degli ultimi 10 anni nel nostro campionato: storicamente i "capobranco" Inter, Milan e Juve si spartiscono, salvo rarissime eccezioni, i campionati in base alla potenza economica e tecnica che nel corso dei decenni sono in grado di esprimere e agli altri vanno le briciole.

Gli arbitri, per salvaguardare il proprio "istinto di conservazione", fiutano il vento e si allineano cercando di non compiere troppi sgarbi verso i potenti di turno per poter coltivare ambizioni e carriere personali.

Dunque la sudditanza e' davvero tale e non si puo' parlare di corruzione del tipo "soldi in cambio di..."

E' vero che gli arbitri non sono in malafede, ma in un certo senso sono condizionati dalla necessita' di fischiare in un certo modo se vogliono sperare di poter fischiare a livelli piu' alti e su palcoscenici nazionali e internazionali sempre piu' prestigiosi.

Si tratta di un'aspirazione non di oggi, ma di sempre: piu' volte in questi ultimi anni protagonisti diretti del mondo del calcio hanno ricordato un celebre arbitraggio di Gonella in un Inter Napoli degli anni '70 dove il Napoli, in vantaggio alla fine del primo tempo, si trovo' sconfitto con decisioni a dir poco "discutibili" del suddetto arbitro che, lo ricordo per i piu' smemorati e i piu' giovani, ebbe il prestigioso incarico di arbitrare neientemeno che la finale mondiale di Argentina 78 tra Argentina e Olanda, onore, per dire, mai toccato a quello che unanimemente viene considerato il miglior arbitro italiano di tutti i tempi, ossia Concetto Lo Bello.

Quello che i piu' attenti osservatori notano in certi arbitraggi di certe partite, a parte l'episodio clamoroso, e' anche una certa tendenza (ad eesempio lo faceva Rosetti in passato, oggi lo fa un Rocchi o un Rizzoli, ma anche altri) a "indirizzare" le partite (o fasi di partite) in una certa direzione, quando ce n'e' bisogno.

Ad esempio in Milan Napoli non mi ha colpito soltanto l'episodio del rigore di Aronica, ma soprattutto i tre fuorigioco inesistenti fischiati durante fasi cruciali della partita, in particolare:
  • il primo fuorigioco, quello fischiato a Cavani, al 15' del primo tempo, sullo 0 a 0, in una fase di assoluto equilibrio in campo, che se fosse stato lasciato andare, avrebbe messo il Matador solo davanti ad Abbiati con grandi possibilita'di segnare
  • il secondo fuorigioco, fischiato a Zuniga sullo 0 a 1, quando il Napoli stava impostando una reazione a fronte dello svantaggio
E' vero che il Napoli ha disputato una prestazione opaca con zero tiri in porta, ma quelle due azioni (piu' un terzo fuorigioco fischiato a Mascara sempre sullo 0 a 0) abortite un attimo prima della loro fase conclusiva hanno consolidato l'idea di un Napoli totalmente passivo di fronte al Milan.

La Lazio ha fatto la stessa partita un mese prima degli azzurri, come gli azzurri non ha fatto un tiro in porta, ma alla fine, senza clamorosi interventi arbitrali, e' riuscita a portarsi a casa un immeritatissimo 0 a 0.

Torniamo alle "ambizioni arbitrali": Banti di Livorno aspira da tempo a diventare internazionale. Come non legare questo suo desiderio con la decisione guardacaso a favore del Milan prima dello scontro diretto col Napoli (che a Chievo aveva perso) e che ha spalancato le porte della vittoria a Chievo col famoso fallo di mano di Robinho e la famosa affermazione di Sorrentino (portiere del Chievo) sull'esistenza di due regolamenti, uno per le grandi e uno per le piccole?

Fanno specie le dichiarazioni di un Nicchi che gia' da arbitro si distingueva per la sua modestia tecnica a dir poco imbarazzante, ma ancora di piu' quelle di Galliani in apertura della Domenica Sportiva dove ha sprezzantemente respinto ogni tentativo di discutere delle questioni arbitrali, proprio lui che, assieme al suo presidente ha strepitato ad inizio stagione contro Russo di Nola e che, tanti anni fa, rimedio' una figuraccia a livello mondiale ritirando il Milan per protesta nella famosa notte di Marsiglia.

Una faccia tosta da caporale degna di quel famoso film di Toto' gia' piu' volte citato e onorato in questo blog di fronte a comportamente di vergognosa arroganza del potente di turno.

Il vento nei confronti del Napoli e' cambiato nettamente la sera della vittoria all'Olimpico contro la Roma, approfittando dello sputo di quell'incosciente di Lavezzi!

Fino a quel momento (andatevi a rileggere per curiosita' le pagelle che ho dato di partita in partita in questo blog nel corso dell'anno) il Napoli non aveva subito particolari torti arbitrali, anzi, in qualche caso si era trovato anche con qualche favore (vedi gol-non-gol di Cavani a Firenze alla prima di campionato).

Una vittoria, quella di Roma, che ha spaventato Milan e Inter che, dopo un inizio di stagione difficile, assaporando i "cadaveri" di Roma, Juve e Fiorentina e pregustando uno scontro tra loro due, si sono ritrovati all'improvviso tra i piedi il Napoli e si sono spaventati.

L'occasione dello sputo e' stata un miracolo di tempismo per cominciare a "indebolire" l'imprevisto concorrente (con una palese e irrituale forzatura della prova TV) poi si e' mandato il sempre "affidabile" Rocchi (quello che gia' aveva fatto sfracelli sempre in un Milan Napoli di due anni prima) ad arbitrare Milan Napoli.

E dopo Milan Napoli? Ricordate le dichiarazioni congiunte di Galliani e Moratti sul Napoli ancora in corsa? Tutti hanno detto che si trattasse di un omaggio "pro-forma" al Napoli sconfitto malamente a San Siro, ma io ci ho letto un messaggio preciso a chi di dovere come a dire "Occhio che il Napoli e' ancora li', che puo' rientrare e ce lo dovete togliere dai piedi".

Ecco quindi un internazionale (Mazzoleni, per giunta proveniente dalla "nemica" Bergamo) per una partita che, in condizioni "normali", vedendo una "grande" contro una "piccola" sarebbe stata affidata ad un arbitro di seconda fascia o addirittura ad un esordiente.

Ma domenica serviva un arbitro che non si facesse condizionare dalle lamentele sia del Napoli che del Brescia e che apparisse come una totale "garanzia" a fronte delle proteste vibrate di Corioni della settimana prima e del rischio che il Napoli potesse riavvicinarsi alla vetta e insidiare il dominio Inter-Milan.

La verita' purtroppo, documentata anche da studi di osservatori esterni e neutrali, dice che, gia' alla fine del girone di andata, Milan  e Inter avevano ricevuto innumerevoli favori arbitrali (a scapito di societa' come Napoli e Palermo che avrebbero potuto avere molti piu' punti alla fine del girone di andata) e questo trend e' diventato sfacciatamente evidente nel girone di ritorno.

E allora che fare? Molliamo tutto e andiamo a casa? No, signori miei! Perche' mollare? Il calcio e' come la vita, e' come la natura, e' come ogni altra espressone della societa' umana. Il punto e' che meno si parla di certe cose, peggio e'!

Il calcio vive di quella stessa omerta' che ha permesso alle varie mafie di mettere radici nella nostra terra e ormai in tutta Italia: lo scorso anno un noto funzionario statale insediato a Milano osava affermare che la mafia non esiste al Nord quando ormai innumerevoli indagini in corso documentavano con sempre maggiore evidenza i gangli di una corruzione diffusa e sempre piu' dilagante.

Se c'e' una speranza di un mondo (e di un calcio) pulito e' quello di denunciare le vergogne, far capire quei meccanismi che si vogliono tenere celati: il Napoli di Maradona dimostro' che si puo' vincere, anche contro i potenti capibranco che vogliono sbranare sempre i pezzi migliori della preda.

De Laurentiiis sta facendo un lavoro straordinario per portare il Napoli a combattere contro i potentissimi capibranco: la sta facendo suo piano tecnico, ma e' chiaro che per competere deve ridurre dei gap evidenti sul piano politico, economico e della comunicazione...e non so sinceramente a quanto serva agitare le braccia in tribuna all'espulsione (magari anche immeritata) di un troppo esagitato Mazzarri.

domenica 6 marzo 2011

Napoli Brescia commentata da Auriemma

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Serie A 2010-11: 28ª - Napoli-Brescia 0-0

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Preoccupanti segnali di cedimento

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Quelli della mia età ricordano che uno dei più arcigni e duri marcatori di Diego al San Paolo era un certo ...Iachini...sì, proprio lui, l'attuale tecnico del Brescia che un tempo calcava i campi della serie A in piccole squadre come l'Ascoli e cercava in tutti i modi, con le buone e qualche volta con le cattive, di fermare quei fuoriclasse, a partire da Diego, che rendevano all'epoca il campionato italiano davvero il più bello del mondo.

Il Brescia di oggi ha lottato strenuamente come una volta faceva il suo tecnico in campo: ha picchiato quando era necessario, ha distrutto il gioco cercando però sempre di ripartire per concludere in porta e per poco negli ultimi minuti non è riuscito a fare il colpo grosso.

Le rondinelle non potevano fare di più, a mio avviso hanno meritato il pareggio di fronte ad una squadra azzurra che, ancora una volta:

  1. ha sofferto maledettamente l'assenza del Pocho
  2. ha sofferto il terreno di gioco pesante
  3. ha mostrato lentezza nei tempi di gioco
  4. ha denunciato la pessima condizione dei suoi mediani che hanno perso nettamente il confronto tattico e agonistico con i mediani del Brescia
  5. si è disunito nella ripresa giocando più con i nervi che con la testa e la tecnica
  6. ha perso troppe energie nervose nel protestare contro l'arbitro
Tutte queste situazioni si sono viste oggi, come si erano viste a San Siro e come si erano viste anche l'altra domenica col Catania in casa e a Chievo ad inizio febbraio.

Il Napoli da circa un mese è calato fisicamente, ha cominciato a soffrire i terreni pesanti, ha rallentato vertiginosamente i suoi tempi di gioco perdendo ulteriore velocità con la squalifica del Pocho e di fronte a situazioni arbitrali anche giustificabili, ha concentrato troppe delle sue (poche) energie fisiche e mentali contro l'arbitro, in verità abbastanza modesto.

Occhio, signori miei! Il campionato sta entrando in una fase in cui le energie cominciano a diminuire per tutti ed entrano in gioco l'esperienza, il tasso di classe e valori fino a questo momento rimasti solo sulla carta. 

Il Napoli ha evidentemente raggiunto i suoi limiti disputando una stagione fino ad oggi straordinaria ed oggi che avrebbe bisogno di risorse tecniche alternative (perchè un campionato così lungo prevede squalifiche, infortuni e cali di condizione fisica) si scoprono quei limiti di tenuta e di poca varietà tecnica all'interno della rosa abbondantemente preventivati ad inizio stagione.

Cosa fare ora, per "salvare" un terzo posto che varrebbe come uno scudetto? A mio avviso, in ordine sparso:
  • recuperare una decente condizione fisica
  • dare fiato a qualche uomo che appare in netta crisi (Gargano e Dossena, ad esempio)
  • dimenticare il fattore arbitrale, pur con tutte le sacrosante ragioni che gli azzurri possono avere
  • ricostruire il morale di Cavani e Lavezzi, distrutto dalle tre giornate di squalifica del Pocho e dalla sterilità offensiva del Matador
In questo contesto mi preoccupa il segnale del Presidente che aizza il pubblico subito dopo l'espulsione di Mazzarri, un segnale che interpreto con profonda preoccupazione, come un segnale di ulteriore debolezza che viene trasmesso all'ambiente e alla squadra.

E' giusto che un "cliente" del "prodotto calcio come me denunci certe storture del mondo arbitrale, ma in questo momento così delicato della stagione mi aspetterei che i dirigenti della società azzurra, dal Presidente, a Bigon, a Mazzarri, lavorino sulla squadra e non diano alibi a prestazioni che, nella fase più delicata, decisiva del torneo, denunciano preoccupanti segnali di cedimento.

Le pagelle di Napoli Brescia

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De Sanctis: 6,5 - Inoperoso fino a pochi minuti dalla fine, poi, con gli azzurri tutti sbilanciati in avanti, costretto ad uscite e parate alla disperata, rischiando la beffa finale con Caracciolo.

Campagnaro: 6 - Pochi imbarazzi in difesa, prova a spingere sul lato destro assieme a Maggio con più lucidità nel primo tempo e maolta meno nella ripresa.

Cannavaro: 7 - Fino a pochi minuti dalla fine mai in difficoltà contro Caracciolo e Diamanti, sempre puntuale negli anticipi e nel riproporre il gioco. Poi nell'assalto finale degli azzurri soffre come De Sanctis non più protetto dal centrocampo e compie autentici miracoli.

Aronica: 5,5 - A Manell'e chi te vviv!!! Nessuna particolare difficoltà nel primo tempo, nella ripresa trova il tempo per farsi ammonire per la solita maledetta manina. Sarà squalificato e quindi domenica prossima potrebbe essere il momento per l'esordio di Victor Ruiz.

Maggio: 5,5 - Spinge costantemente ma raramente con lucidità ed efficacia, spesso contenuto, con le buone o le cattive, da Accardi.

Gargano: 4 - Combina i soliti pasticci, in fase di costruzione, sui cambi di gioco e nei cross è un giocatore in evidente crisi tecnica e mentale, sullo standard modesto degli ultimi mesi. Drammatica una sua palla persa negli ultimi secondi di gioco che per poco non regalava la vittoria ai bresciani!

Pazienza: 5,5 - Solito ordine tattico, ma poco dinamismo. Soffre il maggior ritmo e la costante pressione dei mediani bresciani.

Dossena: 5,5 - Qualche buona diagonale difensiva, tanta spinta, alcuni cross ma mai pericolosi. Ammonito, salterà anche lui la trasferta di Parma.

Hamsik: 5,5 - Nel primo tempo suona la carica intorno al 25' e crea due grandi occasioni da rete. Nella ripresa perde lucidità e guardacaso tutta la squadra perde lucidità. Sparisce nel caotico finale di partita.

Cavani: 5 - Gioca troppo lontano dalla porta quando oggi ci sarebbe bisogno della sua presenza in area. Sarà un caso ma le tre giornate di squalifica del Pocho hanno coinciso con le sue peggiori prestazioni della stagione e con nessun gol all'attivo. Non basta la sua solita generosità, sia in avanti, sia nei suoi rientri difensivi.

Mascara: 6 - Più nel vivo del gioco, ci mette più grinta e più coraggio. Subisce un fallo nettissimo in area da Mareco non valutato come tale da Mazzoleni.

Zuniga: 7 - Ancora una prestazione pregevole a tutto campo, crea scompiglio su tutto il fronte offensivo azzurro e conclude due volte pericolosamente verso la porta. Nel primo tempo opera sul lato sinistro dell'attacco azzurro, nel secondo tempo inverte la sua posizione con Hamsik per cercare di aiutare Maggio in difficoltà con Accardi, finisce poi da laterale sinistro con l'uscita di Dossena. Ci vorrebbero 11 Zuniga per scacciare via questo momento difficile degli azzurri.

Lucarelli: 5,5 - Appare ancora lento e fuori condizione, fa disperare la platea azzurra quando non riesce a spingere in porta da pochi centimetri una palla capitatagli sui piedi dopo una respinta alla disperata di Arcari. A sua attenuante, però, l'incapacità della squadra di mettergli palloni pericolosi in mezzo all'area.

Yebda: 6 - Ci mette tutto quello che ha per spingere gli azzurri nell'assalto finale, ma ovviamente non può essere lui quello che ti salva una partita così bloccata.

Mazzarri: 5 - La squadra, complice forse il terreno ancora "invernale" e l'assenza del Pocho, non riesce a sviluppare le sue trame di gioco con la velocità e l'efficacia delle sue giornate migliori. Iachini oppone una notevole Maginot sulla metà campo che crea notevoli imbarazzi allo sviluppo della manovra azzurra.  Le sue impetuose proteste sul rigore negato a Maggio inducono Mazzoleni a mandarlo via dal campo e la squadra ha una scossa nervosa che dimostra che forse alcuni uomini chiave appaiono fisicamente e psicologicamente non al meglio. Nella ripresa prova a scardinare il catenaccio bresciano invertendo le posizioni di Hamsik e Zuniga, prima di spedire in campo Mascara e Lucarelli. Sceglie a mio avviso troppo tardi la soluzione della difesa a quattro praticamente sprecando un cambio, quando avrebbe dovuto cambiare subito Aronica con Lucarelli. Ci sono degli scricchiolii e dei nodi (Gargano) che vanno affrontati nel più breve tempo possibile.

Arb. Mazzoleni: 4 - Gli arbitri che fanno i suscettibili e puniscono poco il gioco duro non mi piacciono e Mazzoleni è uno di questi: lascia correre falli duri ed estrae cartellini solo quando qualcuno alza la voce contro di lui. Sul contatto in area su Maggio, la decisione appare non facile perchè il contatto può anche interpretarsi come un contatto spalla contro spalla, ma nella ripresa grida vendetta un fallo nettissimo di Mareco che interviene in modo totalmente scomposto su Mascara.

venerdì 4 marzo 2011

La norditanza, il mercato...e una "rondinella" per far primavera

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La lontananza, sai, è come il vento, cantava il grande Mimmo Modugno tanti anni fa...e come il vento è un po' anche la sudditanza psicologica, di cui tanto si discute da anni, tra sospetti, mezze parole, luoghi comuni e smentite categoriche...e il vento spira, quansi sempre, verso nord, tant'è che questa settimana un giornalista, con uno di quei geniali giochi di parole che io adoro, ha parlato di "norditanza", la sudditanza verso il potente nord del calcio e dell'economia.

Ho ascoltato con molta attenzione le centinaia e centinaia di commenti che si sono succeduti dopo la serata di San Siro che va interpretata sotto diversi piani di lettura, che ho cercato indegnamente di sintetizzare nel titolo di questo post.

Il primo piano di lettura della partita di lunedì sera è certamente quello della conduzione arbitrale di Rocchi, arbitro che ho definito eufemisticamente "impressionabile" nella sua direzione di gara, una "impressionabilità" dimostrata nel corso degli anni non soltanto contro il Napoli, contro squadre, specie il Milan, più "potenti" dì quella azzurra, ma anche a nostro favore, se ricordiamo ad esempio un braccio galeotto di Aronica lo scorso autunno nella vittoriosa trasferta di Cagliari.

Nessuno mi pare lo abbia evidenziato, ma forse anche il precedente in questione, nonchè una risaputa tendenza di Aronica ad alzare braccia e gomiti, da noi evidenziata e rimproverata più volte al giocatore anche nelle tante occasioni in cui "ci è andata bene", deve aver influenzato la "ardita" scelta di Rocchi di concedere un rigore che, come molto hanno notato, nemmeno i milanisti avevano immaginato di poter ricevere tant'è che alla fine dell'azione si stavano avvicinando a Rocchi per sincerarsi che concedesse il calcio d'angolo.

Molti calciatori, cito per tutti Nicola Amoruso, ex azzurro che ha girovagato nella sua lunga carriera tra squadre "piccole" (Reggina) e "grandi" (Juventus) e che quindi ha potuto vivere il rapporto con gli arbitri da vittima e da beneficiario di questo "vento" arbitrale, hanno evidenziato, talora in modo niente affatto velato, che la sudditanza c'è sempre stata e che più facile fischiare certe cose e certe situazioni a favore delle grandi squadre che delle piccole.

Certo, ci sono molti fattori, sociologici, psicologici e politici che favoriscono certe disparità di trattamento: per esempio è umano che siccome gli arbitri sono inseriti in un sistema in cui vieni chiamato ad arbitrare grandi match (e a diventare internazionale) se non scontenti le grandi squadre, puoi guadagnare gettoni di presenza, prestigio ed esposizione mediatica e quindi il "sistema" (senza voler con questo scendere nell'insinuare corruzione o malafede) ti mette tantissime pressioni nello "stare attento" a certe maglie e a certi colori.

E' una debolezza umana l'essere forte con i deboli e "ossequioso" con i potenti, specie se da quei potenti può dipendere un avanzamento di carriera, maggiori opportunità di lavoro e di guadagno, maggiore prestigio: non solo dal lato dei tifosi o dei giornalisti più vicini agli azzurri, ma anche da commentatori più imparziali si è sottolineato come se la stessa azione si fosse svolta nell'area del Milan quasi certamente un fallo come quello di Ibra su Cannavaro si sarebbe visto molto di più e un tocco galeotto come quello di Aronica molto di meno.

In una partita tutto sommato ancora in equilibrio, un intervento come quello di Rocchi ha purtroppo "spaccato" la partita perchè ne ha cambiato totalmente il volto tattico: non dimentichiamo, è vero, che il Napoli non ha fatto tiri in porta, ma la Lazio, giusto un mese prima, si è venuta a prendere uno 0 a 0 a Milano, sempre contro il Milan, facendo la stessa inguardabile partita di contenimento a oltranza fatta dagli azzurri.

Non abbiamo la controprova, magari il Milan avrebbe trovato lo stesso il gol, ma il rigore "non richiesto" dai rossoneri, i tre clamorosi fuorigioco inesistenti fischiati agli azzurri (sul primo Cavani si stava involando solo davanti ad Abbiati e avrebbe potuto portare gli azzurri in vantaggio!) sono ombre troppo pesanti per poter accettare serenamente il risultato del campo di lunedì sera.

Ma allora? Dobbiamo schifare questo calcio corrotto e mandare tutto in malora? No, signori miei, solo non lasciarci incantare da chi racconta favole, tenere gli occhi aperti e avere pazienza. Sì, pazienza, perchè la storia dimostra che  quando il Napoli prima di Maradona non era nessuno, subiva lo stesso trattamento che abbiamo subito lunedì, ma quando è diventata una squadra forte, fortissima, gli arbitri hanno cominciato a rispettare anche noi.

Dobbiamo crescere e aver pazienza, come abbiamo fatto fino ad oggi: la partita di lunedì sera ha infatti evidenziato anche una distanza in termini di mentalità, esperienza e peso tecnico che non vanno dimenticati: si scontravano, con soli tre punti di differenza in un campionato che ha completato i due terzi del suo cammino, una rosa (quella del Milan) che un monte ingaggi oltre quattro volte superiore a quella avversaria (il Napoli) che, non dimentichiamolo, è soltanto al suo quarto campionato di serie A: 130 milioni contro 30 di monte ingagggi e basterebbe già soltanto questo confronto per evidenziare che razza di impresa eccezionale sta realizzando il Napoli quest'anno.

Una rosa, quella azzurra, che seppure, grazie a Mazzarri, si è valorizzata anche in tante sue seconde linee propone alcune riflessioni e confronti tra le scelte operate dall'ex direttore generale Marino nei primi anni di vita della nuova società e le scelte che sta facendo il suo successore, Bigon.

Ma come? (qualcuno mi chiederà...) Ma tu non eri un nemico giurato di Marino? Non sarai per caso un nemico "pentito"? Chiarisco ancora una volta il mio pensiero, testimoniato comunque da tutto ciò che ho scritto in questo blog da quando è nato, quasi due anni fa: Marino ha fatto un lavoro per alcuni aspetti eccezionale, ha avuto la bravura di costruire una squadra con una spina dorsale solida che si è andata valorizzando nel corso degli anni e dovendo bruciare le tappe per riportare il Napoli nella dimensione che merita partendo da zero. Questo è un merito che gli ho sempre riconosciuto, che gli riconosco tuttora e che non gli negherò mai. L'ho ferocemente criticato, e non mi pento per questo, per come ha gestito certi acquisti niente affatto economici (Cigarini, Datolo, Denis, Rinaudo) strapagati in relazione al loro effettivo valore tecnico e per come ha mantenuto un accentramento insostenibile della gestione societaria, anche quando la società stava crescendo e la sua gestione diventava sempre più complessa e avrebbe necessitato di capacità di delega che Marino non ha mai voluto o potuto attuare.

A Marino si devono i nove undicesimi dell'attuale squadra titolare e questo è un merito straordinario a cui Bigon ha finora risposto con un acquisto "eccezionale" in tutti i sensi, come Cavani, un altro eccezionale sul piano economico ma non tecnico (Dossena) e una serie di acquisti minori che lasciano tutt'oggi più perplessità che certezze (Sosa, Cribari, Lucarelli, Dumitru, Mascara e in parte lo stesso Yebda), tant'è che oggi siamo al paradosso che tra i due ufficialmente "vice-Lavezzi" (Sosa e Mascara) Mazzarri al momento sembra preferire...Zuniga, un'altra scelta di Marino da me sempre apprezzata e superficialmente liquidata da molti critici lo scorso anno.

Ci sono i due centrali stranieri, Ruiz e l'argentino che verrà la prossima estate su cui al momento sospendo il giudizio per ovvie ragioni, ma certo al momento le scelte di Bigon non sono apparse particolarmente brillanti anche se gli va riconosciuto il merito di aver finalmente alleggerito in modo molto abile quel libro paga pieno di "terze e quarte scelte" prese da Marino nel corso degli anni per infoltire la rosa azzurra quando il Napoli militava nelle serie minori.

Insomma, Bigon dovrà dimostrare, col prossimo mercato, di riuscire a miscelare con intelligenza nomi importanti affinchè il Napoli possa lottare in modo affidabile in un torneo durissimo come la Champions e nuovi giovani di grande valore che siano in grado, come a suo tempo fecero grazie a Marino i Lavezzi, i Gargano e gli Hamsik, di inserirsi con autorevolezza nell'impianto tattico della prima squadra.

Non sarà un mercato facile: molti dei titolarissimi di oggi dovranno diventare panchinari di lusso di domani o entrare in una logica di turnover a livelli molto più intensi di quelli consentiti dalla rosa di quest'anno...è bastato un banale "sputo" e la squalifica di un giocatore come il Pocho per rompere, come ho scritto la scorsa settimana, equilibri nella rotazione degli uomini tra Europa e campionato che hanno compromesso la possibilità di andare avanti in Europa e di giocarsi meglio la carta scudetto di Milano.

Torno a sentire discorsi che sentivo anche lo scorso anno, dopo i primi quattro fantastici mesi di Mazzarri in azzurro: "Abbiamo un calendario favorevole", "Possiamo conquistarci la Champions in casa", ecc. Poi vennero una inopinata squalifica (anche allora per motivi disciplinari) di Quagliarella, le sconfitte interne con Fiorentina e Parma e il sogno Champions sfumò.

Quest'anno dobbiamo stare attenti come e più dello scorso anno: la squadra appare più solida e matura dello scorso anno e ha una classifica certamente migliore, ma è chiaro che, navigando ora tra il secondo e il terzo posto, con le premesse che abbiamo fatto sul valore assoluto della rosa e sul peso "politico" attuale del Napoli, riuscire a portarsi a casa un terzo posto a fine torneo equivarrebbe ad uno scudetto e gli azzurri dovranno fare di tutto per riuscirsi, ora che sono in ballo, facendo tesoro delle esperienze negative vissute lo scorso anno proprio di questi tempi.

Le "rondinelle" del Brescia, che con Iachini non pensano solo alle barricate, si giocano la partita con tutti e hanno compiuto l'impresa di fermare sullo 0 a 0 a Udine l'inarrestabile Udinese, ci diranno se il Napoli sarà riuscito a voltare pagina rispetto alle delusioni di Villareal e San Siro e a cominciare la primavera 2011 con l'inerzia giusta per cogliere quel sogno che tutti accarezziamo.

Daranno il via ad una primavera veramente azzurra  quelle "rondinelle" che scenderanno in campo domenica al San Paolo contro gli azzurri?