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sabato 12 novembre 2011

I punti interrogativi tattici del Napoli: Inler, Hamsik e Cavani


La pausa internazionale (a proposito, bellissimo il gol di Lavezzi in nazionale!) permette qualche prima riflessione approfondita dopo circa due mesi di partite a ritmo infernale sulla stagione azzurra: capisco e apprezzo Mazzarri quando "invita" la critica a criticarlo (scusate il gioco di parole) dopo però essersi confrontati con lui.

Io sono un semplice tifoso, appassionato (sempre meno, in verità) di calcio e del Napoli, non sono un tecnico, non mi vanto di capirne molto di calcio e soprattutto non ci guadagno un euro mantenendo questo blog, ma mi piace tentare di osservare le cose con attenzione, in modo non superficiale, come provo a fare del resto anche nella vita.

Per cui, caro Mister, sarei felicissimo di discutere con lei di quanto sto per scrivere in queste poche righe di un week end senza Napoli, alla luce di alcune riflessioni che avevo già iniziato da tempo e che il dottor Chiariello, nella sua deliziosa trasmissione ormai ventennale di Canale 21, Campania Sport, domenica scorsa ha rinfocolato con incisive argomentazioni.

A parte il gruppo delle "riserve", profondamente rinnovato rispetto allo scorso anno, in teoria rinforzato, ma che finora (Fernandez a parte) ha contribuito ancora poco ai risultati della stagione azzurra, il telaio dei titolari, tra l'anno scorso e quest'anno, ha visto soltanto una variazione, cioè Inler al posto di Pazienza.

In teoria un notevole salto di qualità: un ottimo centrocampista, con grandi doti tattiche, che si integrava perfettamente con Gargano e con il resto della squadra come Michele avvicendato con un nazionale svizzero, uno dei centrocampisti di maggior rendimento della scorsa stagione come Gokhan, dotato di piedi e fisicità in teoria migliori di quelli di Michele.

Un solo cambio, dunque, e tutti a immaginare un Napoli fatalmente più forte dello scorso anno, eppure, nonostante gli eccellenti risultati in Champions e quelli altalenanti in campionato sono emerse sempre più evidenti alcune contraddizioni tattiche che sembrano aver reso meno "perfetto" il meccanismo tattico del gioco di Mazzarri che tanta ammirazione aveva suscitato la scorsa stagione.

Domenica sera, in trasmissione, il dott. Chiariello ha usato per Inler, quasi avesse letto le mie pagelle di questa stagione, la stessa espressione ("pesce fuor d'acqua") che ho usato spesso per tentare di descrivere nella modestia della mia poca competenza calcistica le prestazioni del nuovo arrivato.

Inler ha quasi sempre convinto in quelle partite o frangenti di partite (vedi Cesena, secondo tempo, o Inter, secondo tempo) quando il centrocampo avversario è andato calando o addirittura si è trovato in inferiorità numerica, stentando invece tantissimo a trovare ritmo e a dare ritmo alle giocate azzurre contro centrocampi dinamici e/o in superiorità numerica.

Più di un commentatore comincia a ricordare che Inler nell'Udinese giocava in un centrocampo a tre con Asamoah e Pinzi a dargli manforte e che quindi nell'attuale modulo di Mazzarri, sottoposto anche a marcature strette spesso a lui dedicate, lo escludono dal gioco e lo mettono in difficoltà quando, in possesso di palla, fa fatica a trovare il compagno smarcato velocemente.

La manovra azzurra quindi appare così più lenta e involuta e quindi si rifugia spesso nel lancio del centrale difensivo (Cannavaro o Aronica) a scavalcare il centrocampo.

C'è poi Hamsik di cui appare (scusate quest'altro gioco di parole) evidente il lavoro oscuro di raccordo tra centrocampo e attacco: Marek ha il pregio di non perdere mai palla che però, in alcuni frangenti di partita, diventa anche il suo enorme limite: quando durante la partita c'è da dare pulizia al gioco, c'è da mantenere palla lontano dalla porta avversaria, quando c'è da tessere con pazienza la tela dei passaggi per far "muovere" le difese avversarie e poi trovare un varco in cui infilare Maggio, Cavani o Pochi, Marek svolge un lavoro straordinario e poco apprezzato dal pubblico, ma  noto anche che quando la partita richiederebbe maggiori rischi, Marek fatica a cambiare "registro" alle sue giocate (salvo quando decide, raramente purtroppo, di puntare verso la porta avversaria e sfruttare le sue notevoli doti balistiche): ci sono frangenti, attimi, in cui senti che uno con la classe di Marek potrebbe e dovrebbe rischiare di più la giocata non "spaventandosi" di fallirla, sbagliando il passaggio o la verticalizzazione: spesso vedo Pocho o Matador che scattano sul filo del fuorigioco suggerendo il passaggio e sono costretti a rialzarsi perchè Marek o qualcun altro in possesso non li vede scattare o non ha la personalità di provare la verticalizzazione.

Inoltre, come sottolineava Chieriello, Marek riesce sempre più raramente a fare ciò che gli riusciva naturale già dal suo primo anno di Napoli, ossia apparire all'improvviso partendo da lontano, davanti alla porta avversaria: il suo gioco e i suoi movimenti sembrano diventati meno vari e più prevedibili.

E allora, si domandava Chiariello domenica, non può esserci una relazione tra il calo di rendimento di Cavani (che come ha detto Mazzarri fa oggi quel che faceva anche lo scorso anno, ossia marcare la fonte di gioco avversaria all'inizio del loro possesso palla, con la differenza che l'anno scorso faceva semplicemente più gol), la crisi di identità di Hamsik e le difficoltà tattiche di Inler a centrocampo?

Viste le dfficoltà di Inler a centrocampo, visto che Hamsik vedeva esaltate le sue qualità nel 3-5-2 di Reja come interno sinistro dei tre mediani, chiedeva Chiariello a Mazzarri, non sarebbe interessante provare a riportare Marek sulla linea dei centrocampisti in linea con Inler in modo da dargli maggiore aiuto in fase sia di filtro che di impostazione e lasciare Lavezzi libero sulla tre quarti di girare intorno al Matador, tenendo quest'ultimo più vicino alla porta avversaria?

Io non so dare una risposta alla interessantissima domanda del dottor Chiariello, ma sarei felice se potessi ascoltare Mazzarri discutere di questa ipotesi in termini di fattibilità (o non fattibilità) tattica.

Quello che appare evidente è che il Napoli attuale è in "crisi" nel senso originario, greco, della parola: per gli antichi greci la "crisis" era sinonimo di "trasformazione", "evoluzione": ciò che si vede, specie nelle ultime settimane, è che,a fronte di un presunto "integralismo" tattico di Mazzarri, il mister in realtà sta sperimentando con sempre maggiore continuità nuove soluzioni come lo scivolamento sulla linea dei centrali di uno degli esterni di centrocampo per creare una linea a 4 dietro quando serve fronteggiare un certo tipo di avversari che col loro gioco tentano di allargare i centrali azzurri.

Ma questo meccanismo, sempre meglio applicato dai ragazzi di Mazzarri, crea la necessità di "riassorbire" a centrocampo Cavani e/o Hamsik e di attenuare le loro indubbie capacità offensive e di dare meno fluidità al gioco sulle fasce tradizionale punto di forza del gioco di Mazzarri.

Insomma un bel rebus tattico, dalla cui soluzione dipenderà l'eventuale svolta positiva di questa stagione: svolta a cui la squadra sarà chiamata sin dal ritorno in campo in casa dopo la pausa internazionale contro una lanciatissima Lazio e un altrettanto lanciatissimo ManCity, con una serie di partite molte delle quali in casa contro avversari difficilissimi e in teoria tutte da vincere per mantenersi in corsa in campionato e (che straordinario miracolo!) in Champions.

Reja ancora grida vendetta per la bruciante sconfitta della scorsa primavera: quel 4 a 3 fu l'ultima vittoria del Napoli all'ultimo respiro, di una squadra che proprio quel giorno mostrò segni di affanno che si sarebbero manifestati con chiarezza nelle settimane successive... quella fu una svolta, verso la crisi di fine stagione, ma anche verso la conquista della zona Champions...e questa volta?

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