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sabato 17 settembre 2011

Manchester ci insegna che...

Quando vivi una partita così intensa, così emozionante, così importante come quella di mercoledì sera, quando leggi sui giornali inglesi più autorevoli le critiche piene di ammirazione per la qualità della prestazione dalla squadra di Mazzarri, ti rendi conto di quanto possa diventare difficile mantenere concentrazione ed equilibrio per andare avanti, ripetere tali prestazioni con continuità e, se possibile, migliorarle ancora.

Sembra che il Napoli di mercoledì, per coincidenze di tempo e di spazio, abbia raggiunto un culmine, una perfezione, un completamento di un lunghissimo cammino iniziato 7 anni a con De Laurentiis e Marino, 6 anni e mezzo fa con Reja e 2 anni fa con Mazzarri, il suo eccezionale staff tecnico e Bigon.

Il Napoli di Maradona è stato quello che è stato, l'orgoglio di questa città e dei tifosi della mia generazione che hanno potuto vivere gli anni più belli della propria vita godendo delle gesta di un fenomeno e di un gruppo eccezionale di compagni al suo servizio.

Ma questa squadra, posso dirlo proprio per aver vissuto quel Napoli, ne è una degnissima, straordinaria erede, a maggior ragione perchè sta ottenendo risultati sempre più straordinari non potendo avere nelle sue fila il più grande.

In un calcio e in una socieà sempre più aridi, cinici e individualisti, Manchester (con la sua squadra ricchissima di talenti individuali) ci insegna che il vero calcio è un gioco DI SQUADRA, finchè esisterà e checchè se ne voglia scrivere sui giornali (che parlano sempre di singoli e duelli indivisuali, considerando sempre l'età e la condizione mentale di un tifoso come quella di un bambino di 5 anni...poi ti domandi perchè vendono sempre meno).

Che scoperta...eppure la poca competenza media degli stessi giornalisti sportivi e di tanti tifosi (mal)educati a considerare il calcio come lo sport dove vince il singolo o dove un gol subito è colpa del portiere o del difensore costringe a ribadire un concetto stupido e banale come dire che l'acqua è liquida: il calcio è un gioco di squadra e quando esiste davvero il gioco di squadra, nello sport, come nel lavoro e nella vita, avviene quel fenomeno magico che caratterizza le relazioni umane per cui il valore della prestazione collettiva è superiore alla somma del valore delle prestazioni dei singoli componenti del gruppo.

Un fenomeno straordinario della natura umana che si realizza solo nei gruppi che funzionano davvero, come nella musica (vedi i Beatles), nello sport (l'Italia campione del mondo dell'82), nel lavoro (dove avviene più raramente perchè spesso i gruppi di lavoro si combinano in modo casuale e non si costruiscono davvero tenendo conto delle qualità complementari dei membri che li compongono).

Ecco perchè il Napoli va ammirato: perchè in un calcio sempre più arido e cinico, dove si crede di poter risolvere qualunque problema comprando giocatori come fossero figurine Panini e dove vanno in campo 11 singoli, ci sono invece altri 11 uomini che a un certo punto si trasfigurano in un corpo unico, compatto, granitico in cui il contributo di ognuno è capace di moltiplicare il contributo di tutti gli altri.

L'esempio più clamoroso di mercoledì sera è quello di Dzemaili, giustamente criticato sia dal tecnico, sia dal presidente che dai giornalisti per alcuni errori individuali evidenti: eppure il suo ingresso in campo ha dato un enorme beneficio tattico al resto della squadra che si è impadronita totalmente del centrocampo e ha limitato al massimo gli avversari, spesso anzi rilanciando l'azione degli azzurri con ficcanti ripartenze (da una delle quali è nata il gol di Cavani).

Altro esempio è la difesa: molti temevano che fosse inadeguata per un palcoscenico come quello di Manchester, ma le prestazioni eccezionali di Aronica (il più bersagliato alla vigilia), Zuniga, Campagnaro, Cannavaro e Maggio dimostrano ancora una volta come il teorico valore dei singoli sia stato smentito dai valori espressi sul campo, in cui ognuno ha esaltato il lavoro del compagno e il lavoro della difesa è stato esaltato dall'eccezionale lavoro in fase difensiva svolto da TUTTA la squadra (andatevi ad esempio a rivedere i massacranti movimenti difensivi di Hamsik o di Cavani nel primo tempo!).

Manchester ci insegna anche quanto sia importante giocare partite a questi livelli per migliorarsi tecnicamente e tatticamente. L'esempio vivente di tutto questo è Paolo Cannavaro (ma potrei citare anche Aronica): inizio difficilissimo e incerto, errori, Dezko che ti scappa da tutte le parti (impressionante anche a guardarlo in televisione!!), poi, col passare dei minuti, Paolo comincia a prendergli le misure, i suoi interventi diventano meno scomposti, ma nello stesso tempo più energici, robusti ed efficaci, come se Paolo riuscisse a tirare fuori,a furia di giocare, una forza fisica e mentale sempre maggiore, fino a farlo uscire dal campo a bocca asciutta, lui che fino a mercoledì segnava gol a grappoli.

Molti tifosi, decisamente incompetenti, dopo la batosta di Barcellona se ne erano usciti con frasi decisamente ridicole del tipo "Ma che siamo andati a fare a Barcellona!"... Io capisco l'umiliazione...anch'io ho sofferto vedendo gli azzurri perdere in quel modo ma me lo aspettavo prima di tutto perchè il Barca ne dà facilmente cinque (e a che più) a chiunque gli capiti a tiro (Real Madrid compreso) e poi perchè sapevo che il Napoli si sarebbe trovato a vivere una dimensione totalmente nuova per la quale avrebbe pagato uno scotto. Ma sapevo che quella serata sarebbe importantissima per la crescita degli azzurri, un po' come le vaccinazioni che si fanno i bambini contro le malattie: ti possono far male sul momento, ti possono far venire la febbre, ti possono dare dolore, ma ti rendono immune da quelle malattie e a Manchester si è visto quanto sia servita quella "inutile" serata di Barcellona (di cui sarò sempre orgoglioso)...e queste parole non le scrivo soltanto ora, ma le ho scritte su questo stesso blog (andatevele pure a rileggere) la sera stessa della sconfitta del Nou Camp.

Manchester ci insegna (ancora una volta, ma tanto alcuni non lo capiranno mai anche se vedesse 2000 anni di calcio) che non conta la difesa a 3 o a 4, il 4-2-3-1 o il 4-4-2 o altri numeri di questo genere, ma contano, a livello tattico, gli automatismi e la mentalità a difendere quando non si è in possesso di palla e la compattezza, le distanze tra uomini e reparti quando ci si difende e quando si attacca.

Il Napoli ha difeso a pieno organico e ha cercato di attaccare con tanti uomini appena ha potuto: coprire tutti gli spazi in difesa con gli uomini giusti e le giuste distanze, ma pronti a ripartire con aggressività, con ferocia (vedi la traversa di Lavezzi), per far male l'avversario e non solo per alleggerire la pressione degli avversari, anzi, a un certo punto della ripresa, era il Manchester che era in affanno in difesa e a centrocampo per l'enorme lavoro tattico e dinamico fatto dagli azzurri.

E Manchester ci insegna che ora viene il difficile: ripetere prestazioni di questo livello con continuità nelle prossime partite con Milan e Chievo prima di tutto, quel Chievo che lo scorso anno, proprio per i limiti di tenuta fisica e mentale degli azzurri, ci ha tolto 6 punti in due momenti delicati e intensi della stagione, come quelli che stiamo vivendo in questi giorni: domani sera infatti sarà per molti azzurri la terza partita in otto giorni, quella che fisicamente e mentalmente è la più difficile da affrontare e poi a Chievo ci sarà probabilmente un intenso turnover e lì il Napoli dovrà dimostrare la bontà effettiva del mercato estivo, mirato a rafforzare la squadra proprio nelle sue alternative.

Dunque, come ogni grande traguardo raggiunto, Manchester ci insegna che siamo di nuovo a zero e che ora dobbiamo ricominciare tutto da capo, certo con una base solida di eccezionale valore, ma una base appunto...si tratta ora di costruire quel bellissimo edificio che sia degno coronamento di una base costruita con 7 anni di paziente, durissimo e straordinario lavoro.

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