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martedì 8 marzo 2011

Il campionato come il National Geographic Channel

Una delle mie grandi passioni, oltre al Napoli, sono la natura, l'astronomia e quindi i documentari storici e scientifici.

Ecco quindi che molto del mio tempo libero lo passo guardando documentari storici (su History Channel) e scientifici (su National Geographic Channel) e ripensando ai grandi documentari sul potere e sulla corruzione nell'antica Roma piuttosto che sulle gerarchie in base alle quali i predatori carnivori che cacciano in branco si nutrono delle loro prede, ho pensato improvvisamente al nostro campionato di serie A, ma non solo a quello attuale, ma alle decine e decine di campionati che ho seguito da quando ero bambino e (ancora) credevo alla Befana.

In particolare, se vi capita di osservare uno delle migliaia di documentari di cui il National Geographic e' straordinario e ineguagliabile artefice da decenni, uno di quei documentari che fanno vedere come i predatori carnivori che cacciano in branco si nutrono delle loro vittime, potrete capire molto di piu' dei meccanismi di spartizione del potere nell'ambito del campionato di calcio e quindi della conseguente sudditanza psicologica degli arbitri verso le grandi.

La caccia in branco prevede che una volta ottenuta la preda, esista un arigida gerarchia con cui la preda viene divorata: ai capibranco i pezzi migliori e piu' grandi, ai subalterni cio' che resta e guai a non rispettare le gerarchie! Si rischia di essere sbranati a propria volta dai propri simili!

Il campionato di calcio e' un po' come una succulenta preda e anche in questo caso esistono capibranco e subalterni.

Partiamo dal presupposto che l'essere umano, come e piu' di ogni altro essere vivente, e' guidato dall'ambizione, dal desiderio innato di migliorare la propria condizione eisstenziale e il proprio benessere, innanzitutto materiale e poi, magari, spirituale, di acquisire sempre piu' potere per fronteggiare al meglio possibile le difficolta' della vita.

Nel far questo entra necessariamente in competizione con i suoi simili e quindi le proprie azioni sono, non necessariamente in malafede, guidate da questa spinta che, apllicata nel mondo arbitrale, significa cercare di acquisire prestigio, arbitrare match importanti (quelli con le grandi del campionato), diventare internazionale e quindi, alla fine, poter guadagnare di piu' da questo lavoro con gettoni di presenza e magari (vedi il Collina di qualche anno fa) persino con prestigiosi e remunerativi contratti pubblicitari.

Per entrare in questo "circolo virtuoso" l'arbitro deve cercare di ingraziarsi i "capibranco" del sistema: il Milan di Berlusconi e Mediaset, l'Inter di Moratti e Telecom e, qualche anno fa, la Juve di Gianni Agnelli e della Fiat.

Pochi ci hanno riflettutto, perche' le parole di Moggi vengono considerate da tutti quelle di un "capomafia" inaffidabile, corrotto e mai credibile, ma se qualcuno avesse la pazienza di ascoltarle con attenzione e di sovrapporle alla realta' economico-politica degli ultimi 15 anni del nostro paese, comincerebbe a trovare interessanti connessioni.

Cos'e' successo negli ultimi 15 anni nell'economia del nostro paese ...e quindi di riflesso nel calcio? La famiglia Agnelli, in auge fino alla prima meta' degli anni '80 (periodo in cui non a caso la Juve vinceva vagonate di scudetti), ha risentito sempre piu' della crisi della Fiat e poi dell'editoria, due settori di fondamentale interesse in un mondo cosi' politicamente rilevante come quello del calcio, a cui si e' aggiunta la scomparsa fisica dei grandi fratelli che reggevano le sorti della grande Juventus che non a caso aveva dominato nel secondo dopoguerra.

L'economia italiana, dagli anni '80 in poi, si e' andata spostando dall'industria (Fiat) ai servizi (telecomunicazioni, Telecom e televisione, Mediaset) e quindi figure come Berlusconi e Moratti (quest'ultimo con interessi forti anche in un altro settore strategico come quello petrolifero) sono emerse prepotentemente nel corso degli anni '90 e all'inizio del 2000 si sono ormai stabilizzate come concorrenti sempre piu' forti rispetto allo storico ma decadente "capobranco" chiamato Juventus-Fiat-Agnelli.

La morte dell'Avvocato diventa uno spartiacque simbolico, un passaggio di consegne tra un vecchio equilibrio a tre (Juve-Inter-Milan) che ha caratterizzato il "secondo novecento industriale, politico e calcistico" a un nuovo equilibrio a due in cui Moggi cerca, col suo operato, di compensare ad un potere retrostante (quello della famiglia Agnelli) sempre piu' disorientato e debole rispetto alla forza sempre crescente di un Berlusconi ormai diventato Presidente del Consiglio e di un Moratti che ha consolidato la sua rete di conoscenze nel mondo del calcio.

Moggi quindi cerca di sgomitare, a beneficio della Juve, in uno spazio in cui appare sempre piu' stretto, sempre piu' stritolato dagli altri due capobranco che ormai ritengono di poter "fagocitare" il loro storico compagno di merende.

Ecco quindi Calciopoli, anno 2006, dove tutte le luci della corruzione sono puntate su Moggi, mentre l'operato dei dirigenti milanisti (Meani) e interisti passano quasi nell'ombra, quasi nel dimenticatoio, nonostante le famose intercettazioni coinvolgano anche loro nella "marmellata" dei rapporti "informali" tra societa' e mondo arbitrale.

Moggi dunque, non avendo una famiglia Agnelli degna degli anni ruggenti e di un potere ormai compromesso dai tempi nuovi, soccombe laddove i suoi omologhi degli altri "capobranco" possono mettere in campo tutto il loro potere economico, politico e mediatico per "salvare" l'immagine di Milan e Inter.

Ecco quindi il cambiamento storico che avviene nel corso degli ultimi 10 anni nel nostro campionato: storicamente i "capobranco" Inter, Milan e Juve si spartiscono, salvo rarissime eccezioni, i campionati in base alla potenza economica e tecnica che nel corso dei decenni sono in grado di esprimere e agli altri vanno le briciole.

Gli arbitri, per salvaguardare il proprio "istinto di conservazione", fiutano il vento e si allineano cercando di non compiere troppi sgarbi verso i potenti di turno per poter coltivare ambizioni e carriere personali.

Dunque la sudditanza e' davvero tale e non si puo' parlare di corruzione del tipo "soldi in cambio di..."

E' vero che gli arbitri non sono in malafede, ma in un certo senso sono condizionati dalla necessita' di fischiare in un certo modo se vogliono sperare di poter fischiare a livelli piu' alti e su palcoscenici nazionali e internazionali sempre piu' prestigiosi.

Si tratta di un'aspirazione non di oggi, ma di sempre: piu' volte in questi ultimi anni protagonisti diretti del mondo del calcio hanno ricordato un celebre arbitraggio di Gonella in un Inter Napoli degli anni '70 dove il Napoli, in vantaggio alla fine del primo tempo, si trovo' sconfitto con decisioni a dir poco "discutibili" del suddetto arbitro che, lo ricordo per i piu' smemorati e i piu' giovani, ebbe il prestigioso incarico di arbitrare neientemeno che la finale mondiale di Argentina 78 tra Argentina e Olanda, onore, per dire, mai toccato a quello che unanimemente viene considerato il miglior arbitro italiano di tutti i tempi, ossia Concetto Lo Bello.

Quello che i piu' attenti osservatori notano in certi arbitraggi di certe partite, a parte l'episodio clamoroso, e' anche una certa tendenza (ad eesempio lo faceva Rosetti in passato, oggi lo fa un Rocchi o un Rizzoli, ma anche altri) a "indirizzare" le partite (o fasi di partite) in una certa direzione, quando ce n'e' bisogno.

Ad esempio in Milan Napoli non mi ha colpito soltanto l'episodio del rigore di Aronica, ma soprattutto i tre fuorigioco inesistenti fischiati durante fasi cruciali della partita, in particolare:
  • il primo fuorigioco, quello fischiato a Cavani, al 15' del primo tempo, sullo 0 a 0, in una fase di assoluto equilibrio in campo, che se fosse stato lasciato andare, avrebbe messo il Matador solo davanti ad Abbiati con grandi possibilita'di segnare
  • il secondo fuorigioco, fischiato a Zuniga sullo 0 a 1, quando il Napoli stava impostando una reazione a fronte dello svantaggio
E' vero che il Napoli ha disputato una prestazione opaca con zero tiri in porta, ma quelle due azioni (piu' un terzo fuorigioco fischiato a Mascara sempre sullo 0 a 0) abortite un attimo prima della loro fase conclusiva hanno consolidato l'idea di un Napoli totalmente passivo di fronte al Milan.

La Lazio ha fatto la stessa partita un mese prima degli azzurri, come gli azzurri non ha fatto un tiro in porta, ma alla fine, senza clamorosi interventi arbitrali, e' riuscita a portarsi a casa un immeritatissimo 0 a 0.

Torniamo alle "ambizioni arbitrali": Banti di Livorno aspira da tempo a diventare internazionale. Come non legare questo suo desiderio con la decisione guardacaso a favore del Milan prima dello scontro diretto col Napoli (che a Chievo aveva perso) e che ha spalancato le porte della vittoria a Chievo col famoso fallo di mano di Robinho e la famosa affermazione di Sorrentino (portiere del Chievo) sull'esistenza di due regolamenti, uno per le grandi e uno per le piccole?

Fanno specie le dichiarazioni di un Nicchi che gia' da arbitro si distingueva per la sua modestia tecnica a dir poco imbarazzante, ma ancora di piu' quelle di Galliani in apertura della Domenica Sportiva dove ha sprezzantemente respinto ogni tentativo di discutere delle questioni arbitrali, proprio lui che, assieme al suo presidente ha strepitato ad inizio stagione contro Russo di Nola e che, tanti anni fa, rimedio' una figuraccia a livello mondiale ritirando il Milan per protesta nella famosa notte di Marsiglia.

Una faccia tosta da caporale degna di quel famoso film di Toto' gia' piu' volte citato e onorato in questo blog di fronte a comportamente di vergognosa arroganza del potente di turno.

Il vento nei confronti del Napoli e' cambiato nettamente la sera della vittoria all'Olimpico contro la Roma, approfittando dello sputo di quell'incosciente di Lavezzi!

Fino a quel momento (andatevi a rileggere per curiosita' le pagelle che ho dato di partita in partita in questo blog nel corso dell'anno) il Napoli non aveva subito particolari torti arbitrali, anzi, in qualche caso si era trovato anche con qualche favore (vedi gol-non-gol di Cavani a Firenze alla prima di campionato).

Una vittoria, quella di Roma, che ha spaventato Milan e Inter che, dopo un inizio di stagione difficile, assaporando i "cadaveri" di Roma, Juve e Fiorentina e pregustando uno scontro tra loro due, si sono ritrovati all'improvviso tra i piedi il Napoli e si sono spaventati.

L'occasione dello sputo e' stata un miracolo di tempismo per cominciare a "indebolire" l'imprevisto concorrente (con una palese e irrituale forzatura della prova TV) poi si e' mandato il sempre "affidabile" Rocchi (quello che gia' aveva fatto sfracelli sempre in un Milan Napoli di due anni prima) ad arbitrare Milan Napoli.

E dopo Milan Napoli? Ricordate le dichiarazioni congiunte di Galliani e Moratti sul Napoli ancora in corsa? Tutti hanno detto che si trattasse di un omaggio "pro-forma" al Napoli sconfitto malamente a San Siro, ma io ci ho letto un messaggio preciso a chi di dovere come a dire "Occhio che il Napoli e' ancora li', che puo' rientrare e ce lo dovete togliere dai piedi".

Ecco quindi un internazionale (Mazzoleni, per giunta proveniente dalla "nemica" Bergamo) per una partita che, in condizioni "normali", vedendo una "grande" contro una "piccola" sarebbe stata affidata ad un arbitro di seconda fascia o addirittura ad un esordiente.

Ma domenica serviva un arbitro che non si facesse condizionare dalle lamentele sia del Napoli che del Brescia e che apparisse come una totale "garanzia" a fronte delle proteste vibrate di Corioni della settimana prima e del rischio che il Napoli potesse riavvicinarsi alla vetta e insidiare il dominio Inter-Milan.

La verita' purtroppo, documentata anche da studi di osservatori esterni e neutrali, dice che, gia' alla fine del girone di andata, Milan  e Inter avevano ricevuto innumerevoli favori arbitrali (a scapito di societa' come Napoli e Palermo che avrebbero potuto avere molti piu' punti alla fine del girone di andata) e questo trend e' diventato sfacciatamente evidente nel girone di ritorno.

E allora che fare? Molliamo tutto e andiamo a casa? No, signori miei! Perche' mollare? Il calcio e' come la vita, e' come la natura, e' come ogni altra espressone della societa' umana. Il punto e' che meno si parla di certe cose, peggio e'!

Il calcio vive di quella stessa omerta' che ha permesso alle varie mafie di mettere radici nella nostra terra e ormai in tutta Italia: lo scorso anno un noto funzionario statale insediato a Milano osava affermare che la mafia non esiste al Nord quando ormai innumerevoli indagini in corso documentavano con sempre maggiore evidenza i gangli di una corruzione diffusa e sempre piu' dilagante.

Se c'e' una speranza di un mondo (e di un calcio) pulito e' quello di denunciare le vergogne, far capire quei meccanismi che si vogliono tenere celati: il Napoli di Maradona dimostro' che si puo' vincere, anche contro i potenti capibranco che vogliono sbranare sempre i pezzi migliori della preda.

De Laurentiiis sta facendo un lavoro straordinario per portare il Napoli a combattere contro i potentissimi capibranco: la sta facendo suo piano tecnico, ma e' chiaro che per competere deve ridurre dei gap evidenti sul piano politico, economico e della comunicazione...e non so sinceramente a quanto serva agitare le braccia in tribuna all'espulsione (magari anche immeritata) di un troppo esagitato Mazzarri.

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