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lunedì 30 agosto 2010

Quagliarella...a mente fredda: le ragioni di un divorzio consensuale

Ci sembra giusto e opportuno tornare un attimo a riflettere, stavolta non accecati dalla passione del tifoso e dal dolore di una separazione vissuta dai più come brusca ed improvvisa, sulle possibili ragioni tecniche, tattiche, ambientali ed economiche che hanno portato ad una separazione nella quale, sinceramente, non avrei mai creduto plausibile, almeno per quest'anno.

Il Napoli con Fabio, il Pocho e Hamsik contemporaneamente in campo ha denunciato alcune difficoltà tecnico-tattiche legate alle caratteristiche molto differenti e difficilmente armonizzabili dei tre.

Molto hanno discusso lo scorso anno gli addetti ai lavori sulla compatibilità specie con il Pocho. In effetti Fabio non è una prima punta classica e quindi tatticamente in questa squadra si trovava nelle stesse difficoltà vissute prima di lui da uno come Calaiò che, guarda caso, offrì le sue migliori prestazioni in azzurro giovandosi della presenza di una "super prima punta" come il Pampa che gli apriva quegli spazi nei quali Emanuele faceva valere il suo senso dell'opportunismo.

Non a caso Reja, quando arrivò Zalayeta, alla fine del primo mercato di serie A, capì subito che la formula vincente dell'attacco azzurro non sarebbe certo stato il duo Calaiò-Lavezzi e che il Pocho e il Panteron avrebbero avuto ciascuno dei benefici dalla presenza dell'altro.

Come Calaiò, Quagliarella si adatta da prima punta, e, come Calaiò, per rendere al massimo, Fabio ha bisogno di uomini che ne assecondino i tagli e gli scatti sul filo del fuorigioco.

Ma Lavezzi, pur fantasioso e geniale in certe sue iniziative, è l'antitesi di quel tipo di giocatore, visto che non passa la palla quando dovrebbe e la passa quando non dovrebbe, lavorandola spesso "faccia a terra", cioè senza alzare la testa e telecomandare il pallone in base ai movimenti del suo compagno.

Non è cattiveria, quella del Pocho, che, se avesse anche questa abilità, sarebbe tra i primi cinque giocatori al mondo, senza alcun dubbio!

E qui molti di voi ricordete quella serata in cui, all'ennesimo passaggio sbagliato, Fabio se ne usci con quel plateale e volgarissimo apprezzamento col quale commentava l'incapacità della squadra di servirlo in modo adeguato. La partita era quel grigio Catania-Napoli 0 a 0, che Mazzarri l'anno scorso ricordava tra le peggiori esibizioni azzurre della stagione. Chi volesse rinfrescarsi la memoria sulle polemiche di quella serata può leggere il post che scrissi all'epoca su questo blog. Andatevi a rivedere il 3 a 2 con cui Quagliarella stese il Chievo al San Paolo: quella era la classica azione di Quagliarella e chi gli servì il sublime assist? Lavezzi? No! Bogliacino, non a caso uno dei pochi capace di far "cantare" la palla mettendola sui piedi di Fabio in corsa con un sincronismo al limite della perfezione tecnica.

E qui bisogna riflettere su quello che è un limite generale e oggettivo di una squadra che divertiva e diverte molto, produce tantissimo gioco, ma spesso rifinisce palloni troppo "sporchi" affinchè le punte possano trasformarli in gol. Non è quindi a mio avviso solo e sempre un problema di lucidità che manca sotto porta, ma anche, spesso, di palloni che i vari Hamisk, Maggio, Lavezzi, Gargano e altri non portano in modo pulito in area di rigore, rendendo la conclusione dell'attaccante di una difficoltà notevole.

Tornando a Quagliarella certo il suo temperamento focoso, dimostrato dall'episodio di Catania e da altri in seguito, fino all'espulsione col Parma che è stato uno dei fattori decisivi per il mancato accesso in Champions, non deve avergli portato tantissime simpatie nello spogliatoio, nè da parte di alcuni suoi compagni, nè da parte del tecnico: ovviamente quello che dico potrebbe essere solo confermato o smentito vivendo lo spogliatoio dal di dentro, ma più di una voce in tal senso si è levata, più o meno chiaramente in questi mesi.

Qualcuno dice che la scelta di Cavani abbia aumentato le "crepe" nel rapporto di fiducia tra Quagliarella e l'ambiente azzurro (tecnico, squadra, società), ma continuo a domandarmi cosa ci possa essere di conveniente a lasciare una squadra in cui la concorrenza per un posto da titolare era comunque limitata rispetto a quella che Fabio troverà in maglia bianconera, per giunta con una squadra che, come il Napoli, disputerà l'Europa League (senza che Fabio possa per giunta giocare fino a gennaio), come il Napoli lotterà per le prime posizioni e che lo pagherà,a quello che risulta, più o meno allo stesso livello.

Si racconta anche di un episodio che avrebbe ulteriormente accelerato la rottura in casa azzurra, prima del mondiale quando Fabio, non avendo ancora la certezza di partecipare al mondiale, avrebbe voluto inaugurare con un evento mediatico il suo bellissimo nuovo panfilo e la società si sarebbe opposta per la questione dei diritti d'immagine.

Magari non c'è nessuna motivazione davvero clamorosa a giustificare questa rottura, ma tanti piccoli episodi che, come gocce nella pietra, avrebbero scavato fino ad intaccare il rapporto di fiducia tra la società ed il calciatore.

In quest'ottica la cessione, che francamente a mio avviso comunque indebolisce tecnicamente il Napoli, appare opportuna...anche se mi sarei aspettato, lo ripeto, da uno che si è dichiarato innamorato della maglia azzurra, qualche dichiarazione un po' meno "ridicola" di amore e treni che passano una volta sola rispetto alla Juve.

Sarebbe bastano un "Sono contento di essere qui" piuttosto che un "Farò del mio meglio per ripagare la fiducia offertami" e Fabio si sarebbe risparmiato quella figura ridicola che ieri sera un mercenario matricolato come Ibra ha offerto, senza alcuna vergogna, al pubblico rossonero, terrorizzato, prima del suo arrivo, dall'idea di un declino sempre più inarrestabile.


Da un mercenario senza scrupoli e cuore come Ibra certe cose uno se le può aspettare, ma da te, Fabio, perdonami, ci saremmo aspettati un pizzico di dignità in più...e questo è ciò che alla fine ci ha più ferito di tutta questa triste vicenda.

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