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domenica 18 aprile 2010

Le ragioni di una sconfitta - 5ª (ultima?) puntata - Mazzarri, successi ...e fallimenti

L'ultima puntata di quello che potremmo considerare un "pre-consuntivo" della stagione del Napoli, utile più che ad altro ad analizzare le "zone d'ombra" della stagione azzurra ancora in corso, riguarda i meriti e i demeriti di Mazzarri che senz'altro è partito con un handicap non indifferente, che senz'altro va ringraziato per aver rimesso in gioco la squadra ai livelli più alti del campionato, ma sul quale vanno fatti dei ragionamenti legati anche all'evoluzione strutturale tecnica e tattica della squadra per il prossimo anno.

Mazzarri ha senz'altro mantenuto alcune importantissime promesse fatte al suo arrivo: aveva promesso innanzitutto anima e certamente questa squadra ha (ri)scoperto un carattere che si era visto nei momenti più belli delle stagioni di Reja e nelle grandi e "grintose" vittorie di quel Napoli.

Nell'era Mazzarri raramente, va detto, il Napoli ha "bucato" mentalmente una partita: i classici in tal senso potrebbero essere quella (giustificata per i risultati e lo stress accumulato nelle prestazioni precedenti) a Catania, poi anche nelle altre partite in cui il Napoli è stato meno convincente nelle prestazioni in campo e/o nei risultati, magari ha gestito male alcune fasi, a volte purtroppo anche decisive (vedi Parma in casa, appunto), ma l'anima si è vista, l'impegno è sempre stato apprezzabile e rispetto al buio totale del girone di ritorno dello scorso anno, pur essendoci stato un calo di condizione e risultati anche nel ritorno di quest'anno, la squadra è sempre stata viva.

Valorizzazione? Anche qui Mazzarri ha fatto molto, ma direi soprattutto sui "gregari" della squadra. Sui big, purtroppo, (parlo di Lavezzi, Quagliarella e Hamsik) ha inciso meno di quanto tutti avremmo auspicato e sognato, ma sui "gregari", su alcuni in particolare, ha fatto un lavoro quasi eccezionale: Pazienza (da me inviso come giocatore, diventato invece un perno fondamentale di questa squadra), Grava (di cui già da qualche anno avevo intravisto potenzialità importanti ma mai davvero valorizzate), lo stesso Aronica, Cannavaro (che ha raggiunto con pochi e semplici accorgimenti tattici risultati di assoluta eccellenza).

E qui ecco la "linea di confine" tra luci e ombre del lavoro tattico di Mazzarri, i dubbi, le domande, le perplessità, che crescono se ripenso a quei (da quasi tutti credo dimenticati) passaggi della prima conferenza stampa napoletana del tecnico nella quale egli affermò che:

  • la difesa a 3 per lui non è un dogma e che l'ha usata più spesso in relazione alle rose fino ad allora avute a disposizione;
  • avrebbe cercato di adottare una serie di accorgimenti nella fase offensiva che avrebbero messo in condizione gli attaccanti azzurri (come già avvenuto in passato con i suoi attaccanti nelle squadre da lui allenate) di poter concludere a rete in condizioni di parità numerica rispetto ai difensori, e quindi con più spazi in area di rigore avversaria.

Su questi due punti, Mazzarri non ha a mio avviso mantenuto tutte le sue promesse. Certamente, per restare la tema "difesa a 3" abbiamo visto un miglioramento netto rispetto all'era Reja e a quella Donadoni, con due nomi su tutti, non a caso legati tra loro nel successo azzurro di quest'anno, ossia Grava e Cannavaro, laddove la velocità e la tenacia del primo hanno assicurato quel margine di sicurezza che Paolo non ha mi avuto in passato per tre ragioni:

  1. aveva compagni di reparto meno veloci, meno bravi tatticamente e meno aggressivi di Grava;
  2. aveva una peggiore copertura dai centrocampisti in fase difensiva;
  3. aveva la tendenza a tentare troppo spesso di uscire a cercare l'anticipo o il colpo ad effetto o lezioso, creando quei buchi centrali da cui spesso il Napoli prendeva gol.

Mazzarri ha sistemato a 3 la difesa in modo da liberare Paolo di alcune "incombenze", dandogli di volta in volta il compito o di marcare stretto la punta "di peso" della squadra avversaria o, in caso di punte veloci, di supportare gli altri due centrali, raddoppiando puntualmente e, spesso, uscendo palla al piede e trascinando l'entusiasmo dei tifosi azzurri.

Questo assetto, nella fase di risalita azzurra, è stato importantissimo per assicurare nuovi equilibri, più fiducia, più risultati, ma poi, complice la flessione azzurra e la maggior conoscenza tattica del Napoli da parte degli avversari, avrebbe a mio avviso richiesto una ulteriore evoluzione che è mancata e che rappresenta, nella luminosa parabola mazzarriana, un punto d'ombra.

E qui mi ricollego alla differenza da me notata tra la valorizzazione notevole di alcuni "gregari" e la mancata valorizzazione degli uomini di maggiore qualità della squadra.

Può essere, mi domando, il mancato salto di qualità degli uomini chiave azzurri legato proprio al modulo scelto da Mazzarri e mantenuto con ostinazione fino a oggi?

Il Napoli gioca con un 3-4-2-1 in cui tipicamente (infortuni o squalifiche a parte):

  • i tre in difesa sono Grava (centro destra), Cannavaro (centro), Campagnaro (centro sinistra);
  • i quattro in mezzo: Maggio (destra), Gargano e Pazienza (centro), Aronica o Zuniga (sinistra);
  • in attacco: Hamsik (tre quarti centro destra) Lavezzi e Quagliarella (alternati tra il ruolo di prima punta e tre quarti centro sinistra).

Pochi lo hanno notato,ma...avete mai fatto caso quanti (e quali) di questi giocano come adattati in un ruolo non loro?

Ve lo dico io: sono 4 su 10!

Uno tra Lavezzi e Quagliarella, Hamsik, Aronica (o Zuniga, quando gioca a sinistra), Campagnaro.

Non può essere questa una delle ragioni per cui i giocatori più "pregiati" non hanno fatto un salto di qualità paragonabile a quello dei gregari?

Ma il gioco si fa più intrigante se proviamo a buttar giù una squadra schierata con un modulo diverso (tipo 4-2-3-1) e con un Denis prima punta:

  • quattro in difesa: Maggio a destra, Cannavaro e Grava centrali, Campagnaro a sinistra (o Zuniga, o Aronica);
  • Pazienza e Gargano davanti alla difesa;
  • Hamsik un po' più avanti, ma pronto a ripegare a centrocampo tra Pazienza e Gargano in fase di non possesso;
  • Quagliarella defilato sulla tre quarti a sinistra, Lavezzi sulla tre quarti a destra, Denis prima punta.

Quanti "adattati" ci sarebbero in questa squadra? Soltanto uno! Campagnaro (o Zuniga o Aronica)!

Lavezzi giocherebbe in una posizione a lui consona, Quagliarella anche, Hamsik si troverebbe in un a posizione simile a quella in cui gioca (e rende benissimo) in nazionale slovacca e, partendo da più dietro, potrebbe sfruttare al meglio un'arma che è troppo spesso mancata nel Napoli di Mazzarri, ossia le sue capacità di incursione.

La presenza di Denis in mezzo darebbe benefici anche a Quagliarella e Lavezzi che si troverebbero in posizioni a loro congeniali e sfrutterebbero le capacità di Denis che, seppur non eccezionale come finalizzatore, tatticamente (e lo si è visto anche oggi a Bari) aprirebbe spazi importanti ai tre gioielli azzurri.

Mazzarri si è sempre giustificato a chi gli ha paventato questa ipotesi tattica che la squadra avrebbe avuto maggiori difficoltà in fase difensiva.

Non avremo mai la controprova, però è un dato oggettivo che abbiamo, tra le due ipotesi, un rapporto di giocatori "adattati" di ben 4 a 1!

Siamo sicuri che avere meno giocatori adattati, una punta centrale che apre spazi e opportunità ai 3 gioielli permettendo anche loro di giocare in posizioni per loro molto più naturali, avrebbe portato meno vantaggi e una minor copertura?

Io sono perplesso, voi no?

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